Il 19 febbraio Hitler ordinò che l'elaborazione del « Weserubung » (Esercizio Weser), denominazione convenzionale dell'invasione della Norvegia, fosse accelerata il generale Falkenhorst ed il suo stato maggiore ebbero il compito di attuarla. Poiché i tedeschi avevano bisogno d'aeroporti prossimi alla Norvegia e della sicurezza delle rotte d'accesso ad essa, il destino della Danimarca fu segnato: Falkenhorst modificò infatti il piano in modo da includervi l'occupazione della Danimarca e la conquista degli aeroporti di Aalborg, situati all'estremità settentrionale della penisola dello Jútland. Il 1° marzo Hitler emanò le sue direttive finali per l'invasione dei due paesi.
Con il « Weserúbung Nord », l'occupazione della Norvegia, i tedeschi calcolavano di impossessarsi di Oslo, delle città costiere e di Narvik all'estremità settentrionale del paese mediante colpi di mano, di sferrare poi, partendo da Oslo, un attacco terrestre destinato a creare dei collegamenti via terra tra i diversi punti occupati, e di stabilire infine comunicazioni aeree e terrestri con Narvik. i colpi di mano a Narvik, Trondheim, Bergen e Kristiansand dovevano essere inizialmente effettuati da truppe trasportate su navi da guerra, quello a Stavanger da contingenti di paracadutisti e da truppe aviotrasportate che avrebbero preso terra sull'importantissimo aeroporto di Sola. La città di Oslo, sarebbe stata conquistata con un attacco sferrato contemporaneamente dal mare e dal cielo. In complesso il piano prevedeva di impiegare in Norvegia sei divisioni appoggiate dall'aviazione. I colpi di mano iniziali dovevano essere effettuati da circa 10.000 uomini appartenenti a tre divisioni.
L'occupazione della Danimarca, prevedeva che due gruppi di brigate motorizzate forzassero la frontiera danese e si spingessero rapidamente verso nord lungo la penisola dello Jutland fino agli aeroporti di Aalborg, i quali sarebbero stati occupati in precedenza da un plotone di paracadutisti e da un battaglione aviotrasportato. Altri gruppi avrebbero preso terra sulle isole danesi, assicurandosi il controllo dei ponti che le univano alla terraferma e puntando poi, attraverso l'isola Sjálland, su Copenaghen. Per quanto riguardava la capitale, la vecchia corazzata SchIeswiyHo1stcin avrebbe forzato l'accesso al porto e sbarcato un battaglione di fanteria, mentre dal cielo la Luftwaffe avrebbe minacciato la città e distrutto gli aerei che si trovassero sui campi di aviazione militari. In totale sarebbero state impiegate due divisioni ed un gruppo autonomo di brigate.
Il 2 aprile Hitler diede l'ordine esecutivo, fissando l'inizio delle operazioni per le prime ore del 9 aprile. Il giorno seguente le navi mercantili tedesche che trasportavano truppe ed approvvigionamenti cominciarono a lasciare, senza alcuna scorta, i porti tedeschi, mentre nelle prime ore del 7 aprile cominciarono a salpare le navi da guerra con le truppe destinate ad effettuare gli sbarchi iniziali.
A Londra, Churchill era riuscito a convincere Chamberlain a permettere che fossero minati i canali scavati tra i ghiacci nelle acque territoriali norvegesi. Il 5 aprile, lo stesso giorno in cui salparono le unità inglesi destinate a svolgere quest'operazione, il governo inglese inviò note di preavviso alla Norvegia e alla Svezia. Le operazioni organizzate in Gran Bretagna erano però assai diverse, sia per l'entità che per gli obiettivi. Mentre la flotta restava a Scapa Flow, otto cacciatorpediniere dovevano posare un campo minato nei Vestfjord sui tratti di mare che davano accesso all'Ofotfjord e a Narvik.
Un posamine scortato da quattro cacciatorpediniere doveva posare un altro campo minato nei canali tra i ghiacci sul tratto di costa tra Trondheim e Bergen, mentre altri due cacciatorpediniere dovevano delimitare con le apposite indicazioni un falso campo minato in prossimità di Trondheim. Più tardi, a rafforzare le unità inviate nei Vestfjoi fu mandato l'incrociatore da battaglia Renown scortato da quattro cacciatorpediniere. Quattro battaglioni della 146ª e 148ª brigata di fanteria furono imbarcati su incrociatori a Rosyth, mentre un battaglione della 24ª brigata Guardie ed un battaglione della 146ª brigata di fanteria furono imbarcati su unità da trasporto sul Clyde; il resto della 24ª brigata Guardie fu tenuto in riserva pronto all'impiego.
Tutte le truppe imbarcate dovevano restare nei porti inglesi fino a quando non vi fossero stati chiari segni di un'azione tedesca contro la Norvegia, segni tali da giustificare il loro intervento.
La Fase Navale | |
La Fase Terrestre |
Conclusioni
Le perdite riportate dalle due parti nella campagna di Norvegia furono relativamente lievi: 1.335 norvegesi uccisi e feriti, 1.869 inglesi e 533 francesi e polacchi tra uccisi, feriti e dispersi sulla terra; considerevolmente maggiori le perdite dì vite umane sul mare. Le perdite tedesche ammontarono a 5.660 uomini, dei quali 1.317 uccisi sulla terra e 2.375 sul mare. L'affermazione fatta da Churchill, secondo cui la marina tedesca era stata posta fuori combattimento a un prezzo che la squadra inglese poteva permettersi di pagare, costituì forse una certa consolazione, ma indubbiamente non giustificò una campagna nella quale i tedeschi avevano conseguito tutti i loro obiettivi e gli alleati nessuno.
La campagna di Norvegia, iniziata a Londra da Churchill e dall'Ammiragliato e a Berlino da Raeder e dallo stato maggiore della marina, fu soprattutto uno scontro di forze navali e aeree. In essa Raeder puntò con successo sul fattore sorpresa e sulla capacità della Luftwaffe di tenere a bada la squadra inglese. Churchill, che cercava un modo che permettesse agli inglesi di sfruttare la loro superiorità sul mare, sopravvalutò l'efficacia della sua arma.
Dopo che i tedeschi erano riusciti a sbarcare, le navi da guerra erano dei tutto impotenti contro di loro: ciò che occorreva erano forze terrestri ed aeree. La campagna di Norvegia costituì dunque il primo esempio di un nuovo tipo di guerra basato su tre elementi, un tipo di guerra destinato a ripetersi più e più volte negli anni successivi. La campagna di Norvegia dimostrò anche che gli inglesi non erano adeguatamente preparati alla nuova concezione strategica, in parte perché impreparati alla guerra in generale, ma in parte anche perché non abbastanza lungimiranti da saper guardare al di là dei ristretti limiti della lealtà nei confronti delle singole armi.