Premesse.
L'importanza strategica che Creta riveste per i Balcani e per il Mediterraneo è stata confermata dalla storia di tutti i tempi. L'isola è la più grande del mar Egeo e occupa nel Mediterraneo orientale una posizione chiave. A partire dal 1939 gli sviluppi assunti dalle operazioni militari navali ed aeree ne accrebbero il valore strategico. In mano agli inglesi i suoi campi d'aviazione, potevano diventare una minaccia per i tedeschi dai Balcani fino ai giacimenti petroliferi della Romania; nelle mani dei tedeschi avrebbero costituito un pericolo per il traffico marittimo britannico diretto ad Alessandria attraverso il Mediterraneo e avrebbero offerto un ottimo punto di partenza per i rinforzi destinati a qualsiasi punto dell'Africa Settentrionale.
L'isola misura 250 km in senso est ovest e circa 57 in senso nord sud, è dominata da quattro massicci montuosi. La costa meridionale ha quattro porti, adatti però esclusivamente ad imbarcazioni da pesca; i migliori Suda, Rétimo e Iráklion sono tutti e tre sulla costa settentrionale e i campi d'aviazione, il cui possesso era d'importanza vitale per entrambe le parti contendenti si trovano nelle loro vicinanze.
Nel 1941 la rete stradale dell'isola era ancora allo stato primitivo. Le strade principali erano scarse, in cattive condizioni di viabilità e concentrate anch'esse nella zona costiera settentrionale; una sola collegava l'isola da un'estremità all'altra, correndo da est ad ovest, lungo il mare, e toccando i porti e i campi d'aviazione. La strada era ad una sola carreggiata, i ponti erano malsicuri per i veicoli di peso superiore alle 7t e non esisteva una rete secondaria che alleggerisse parzialmente il traffico, le strade che portavano a sud servivano soltanto per il transito dei carri e solo tre di esse attraversavano realmente l'isola. Quanto alla rete ferroviaria, si limitava a tre brevi linee a scartamento ridotto, totalmente prive d'importanza agli effetti militari. Le comunicazioni telefoniche e telegrafiche avevano un'efficienza irrilevante.
Dal punto di vista di un potenziale difensore dell'isola, l'unico vantaggio era rappresentato dalla natura impervia del terreno all'interno della costa settentrionale, che avrebbe reso lente e laboriose le manovre d'aggiramento, e dalla fertile fascia costiera settentrionale dove le piantagioni d'olivi e di mandorli offrivano alle truppe una buona copertura.
Fin dallo scoppio della guerra gli inglesi si erano resi conto di queste possibilità, ma siccome la Grecia era neutrale non poterono fare nulla sino alla fine dell'ottobre 1940, quando l'Italia la invase. Soltanto allora si accinsero a mettere in esecuzione un piano difensivo che prevedeva l'occupazione dell'isola con un contingente di truppe della forza di una brigata, nonché l'invio di rinforzi da parte dell'organizzazione di difesa delle basi navali (MNBDO, Marine Naval Base Defence Organization) e di numerosi pezzi d'artiglieria contraerea pesante e leggera.
Il problema fu affrontato con maggior risolutezza alla fine di marzo del 1941, quando il comando dell'isola fu assunto dal maggior generale E. C. Weston, comandante della MNBDO. Nel suo rapporto del 15 aprile Weston asserì che Iráklion avrebbe dovuto essere difesa da una brigata con un distaccamento a Rétimo e il settore Sud a Máleme da una seconda brigata, mentre lo stato maggiore operativo unico per il Medio Oriente riteneva che sarebbero stati necessari tre gruppi della forza di una brigata quale rinforzo delle difese contraeree.
Con l'evacuazione della Grecia che ebbe inizio il 25 aprile e si protrasse fino al 29, sbarcarono nella baia di Suda 25.000 uomini appartenenti in prevalenza alla 6ª divisione australiana e alla 2ª divisione neozelandese, buona parte di quei soldati aveva con sé l'armamento individuale e poco altro, ma, di fatto, le truppe che si trovavano sul posto non potevano essere evacuate, quindi non rimaneva altra via se non di rinforzarle per quanto possibile nell'intervallo di tempo ancora disponibile.
Su invito dei capi di stato maggiore, i quali dubitavano che Weston avesse l'esperienza necessaria per difendere l'isola, il 30 aprile Wavell si recò in volo a Creta e dopo avere informato il maggior generale Freyberg che la sua divisione neozelandese sarebbe rimasta nell'isola, gli affidò, il comando della difesa.
Da quel momento Freyberg si diede da fare per ottenere il più possibile di uomini e di mezzi dal comando del Medio Oriente e per apprestare le difese con ciò di cui disponeva e con quanto avrebbe potuto accaparrarsi. Il 10 maggio arrivò la batteria con quattro obici da 94 mm; entro il 15 maggio la MNBDO era al completo e l'armamento della difesa contraerea e costiera notevolmente rinforzato. Inoltre Wavell aveva potuto inviare a Freyberg un centinaio di cannoni in rinforzo. Molti erano incompleti e inefficienti, ma " cannibalizzando " alcuni di quelli inefficienti, il comandante dell'artiglieria di Freyberg era riuscito a mettere insieme 49 pezzi da campagna, che furono ripartiti tra i vari settori. Fu inviato nell'isola un buon quantitativo di mitragliatrici e di armi da fuoco portatili per impiegare come fanteria gli artiglieri privi di pezzi e le truppe dei servizi. Il 16 maggio arrivò un altro battaglione di fanteria, il II Leicester, che fu inviato a Iráklion.
In più il comandante in capo del Medio Oriente aveva potuto riservare a Freyberg alcuni carri armati: 16 leggeri appartenenti al 3º squadrone del III battaglione ussari e 6 carri armati da fanteria appartenenti al 2º squadrone del 7º reggimento carri. I carri armati leggeri, reduci dal deserto libico, erano di modello antiquato e logori dall'uso, sei furono inviati a Iráklion, tre in officina e gli altri furono assegnati alla divisione neozelandese. Due carri armati da fanteria furono destinati a Iráklion, due a Rétimo e due a Máleme.
Le forze tedesche destinate all'aviosbarco furono organizzate in due corpi: l'XI e I'VIII Fliegerkorps. Complessivamente disponevano di circa 500 aerei da trasporto, di 70/80 alianti, di 280 bombardieri, di 150 bombardieri in picchiata, di 180 caccia e di 40 aerei da ricognizione. Gli uomini destinati ad effettuare l'invasione dell'isola erano 22.750.
750 vi sarebbero stati trasportati con gli alianti, 10.000 sarebbero stati paracadutati, 5.000 sarebbero atterrati con gli aerei da trasporto, 7.000 vi sarebbero arrivati per mare. Le truppe erano poste sotto il comando dell'XI F1iegerkorps e dovevano operare in due ondate successive: il " gruppo ovest " avrebbe attaccato all'alba Máleme mentre il " gruppo centrale " La Canea; la seconda ondata avrebbe attaccato nel pomeriggio Rétimo e Iráklion. Ma il grosso delle forze sarebbe stato inviato con la prima ondata, diretta contro Máleme e La Canea.
Il compito di prendere Máleme fu affidato al reggimento d'assalto al comando del generale Meindl, il quale aveva impartito ai suoi uomini l'ordine di perlustrare, non appena si fossero impadroniti di Máleme, il settore meridionale e orientale per unirsi quindi al " gruppo centrale ".
Tre distaccamenti, costituiti dalla metà del I battaglione e da elementi del III battaglione del reggimento d'assalto, circa 500 uomini in tutto, sarebbero atterrati su Creta a bordo di alianti: uno, al comando del maggiore Braun, doveva posarsi a sud del ponte sul Travonitis e impossessarsene; un altro, al comando del tenente Plessen, doveva atterrare alla foce del fiume e distruggere le postazioni contraeree per facilitare l'atterraggio degli aerei adibiti al trasporto delle truppe; il terzo, al comando del maggiore Koch, doveva atterrare sulle pendici della Quota 107 l'altura che dominava l'aeroporto e prenderne possesso. Il resto del reggimento d'assalto oltre 2.000 uomini dovevano imbarcarsi sugli Junkers 52 e lanciarsi con i paracadute in modo da toccare terra nei punti indifesi, quindi riunirsi e portarsi subito in aiuto delle truppe atterrate con gli alianti.
Il 20 maggio, poco dopo le prime luci dell'alba, il cielo si gremì improvvisamente di aerei tedeschi, e non si trattava della solita " azione di disturbo mattutino " alla quale i difensori di Creta avevano fatto ormai l'abitudine. Fucili e fucili mitragliatori cominciarono a crepitare non appena i paracadute si furono abbassati, di quel tanto necessario perché gli uomini che vi erano appesi costituissero un pericolo e al tempo stesso un bersaglio. Sul fronte della 5ª brigata la battaglia di Creta era incominciata.
A Máleme, gli alianti si posavano a terra e non appena fermi gli uomini si riversavano fuori dagli sportelli e sotto il fuoco del XXII battaglione, che poteva avvistare qualche atterraggio, si raccoglievano e si precipitavano verso gli obiettivi assegnati. Il gruppo del tenente Plessen piombò sopra i serventi della postazione contraerea alla foce del fiume e li sopraffece, ma i neozelandesi del 15º plotone, attestati lungo il lato destro del campo d'aviazione, resistettero, Plessen fu ucciso e i suoi uomini restarono inchiodati. Il distaccamento del maggiore Kock atterrò in una posizione esposta e fu preso sotto un tiro massiccio. Kock rimase ferito e i sopravvissuti si aprirono il varco a fatica, strisciando verso il ponte del Travonitis per unirsi ai loro camerati. Qui le cose si mettevano meglio per gli invasori. Il maggiore Braun era stato ucciso ma le sue truppe avevano sopraffatto le postazioni di mitragliatrici a est del fiume e si erano assicurate il controllo dell'unico ponte.
I paracadutisti furono più fortunati. Un intero battaglione aveva preso terra a ovest di Máleme, a una distanza sufficiente per potersi radunare indisturbato. Il generale Meindl trascorse il resto della mattinata guidandoli al consolidamento di tutte le posizioni conquistate dalle truppe degli alianti e preparando l'assalto al campo d'aviazione e alla Quota 107.
I tedeschi avevano un duplice vantaggio rispetto ai difensori: erano liberi nei movimenti, in quanto non esposti ad attacchi aerei ed avevano ottime dotazioni di apparecchi radio. Una volta superata la confusione iniziale dell'atterraggio, i vari gruppi sparpagliati poterono mettersi in contatto radio e i comandanti ebbero modo di farsi un'idea immediata della situazione, di determinare il luogo in cui si trovavano i loro uomini e di stabilire i punti più favorevoli per le penetrazioni successive.
Per il colonnello Andrew, comandante del XXII battaglione neozelandese, le cose andavano ben diversamente. Fin dall'inizio degli atterraggi fu impossibilitato a manovrare il suo battaglione come unità. I telefoni erano stati distrutti dai bombardamenti, il movimento dei portaordini era ostacolato ed egli disponeva di un unico apparecchio radiotelefonico che gli consentiva di mantenere i contatti soltanto con il comando della 5ª brigata. Durante il giorno era rimasto leggermente ferito, ma il suo maggior problema derivava dal fatto di non sapere dove fossero dislocate le singole compagnie ai suoi ordini e di ignorare di conseguenza che almeno fino a metà pomeriggio avevano retto abbastanza bene all'assalto.
I tedeschi intanto si erano attestati a ovest del Travonitis e nelle prime ore del pomeriggio avevano incominciato a premere con attacchi sempre più violenti sia dal ponte sia da sud. L'apparecchio radio di Andrew non funzionava più troppo bene e a metà pomeriggio invitò il XXIII battaglione a prendere contatto con la sua compagnia comando dislocata a Pyrghos. Alle 17 la situazione era cosi grave da spingerlo a chiedere al generale Hargest, comandante la 5ª brigata, di mandargli rinforzi del XXIII battaglione, ma la risposta fu che erano già impegnati. La posizione all'altezza del ponte si era fatta ora cosi disperata da indurlo a passare al contrattacco con tutte le riserve di cui disponeva: il 14º plotone coi suoi due carri armati da fanteria. Poco dopo le 17 i due carri armati da fanteria si avviarono giù per la strada diretti verso il ponte distante una trentina di metri, insieme con due squadre del 14º plotone rinforzate da sei volontari della 16ª batteria contraerea leggera. Ma i carri armati non erano del tutto efficienti la torretta del secondo carro non poteva ruotare e le munizioni non erano del calibro adatto. Perciò ritornò, indietro. L'altro continuò a procedere. I tedeschi esitarono, ritenendo che si trattasse del temuto contrattacco, però rimasero fermi alle loro armi e indirizzarono un debole tiro contro la fanteria che avanzava. Il carro armato passò indenne attraverso il fuoco delle armi di piccolo calibro, raggiunse il letto del fiume, lo varcò sotto il ponte e arrancò verso nord per circa 200 metri. Poi s'impennò sul terreno accidentato, ricadde male, la torretta si fracassò e l'equipaggio lo dovette abbandonare. La fanteria, che era andata all'attacco in forze troppo esigue, subì forti perdite, sicché alle due squadre non rimase altro che ripiegare. A tarda sera il colonnello Andrew era certo che le sue due compagnie sul fronte est fossero ormai perdute, nutriva gravi preoccupazioni sulla compagnia comando e riteneva di poter fare assegnamento soltanto su due compagnie. I tedeschi avevano fatto breccia nella zona del ponte ed era assai probabile che tentassero di consolidare il successo ottenuto facendo avanzare le riserve che si trovavano al di là del fiume. Gli attacchi che i tedeschi stavano sferrando in quel momento da sud ovest erano cosi violenti che Andrew temette di essere aggirato se fosse rimasto là dove si trovava. Poco dopo le 21 la ricezione radio era debolissima e Andrew comunicò a Hargest di essere costretto a ritirarsi sulla linea della 2ª Compagnia. Poco dopo arrivò il capitano Watson con una compagnia del XXIII battaglione e ricevette l'ordine di attestarsi sulla posizione della 1ª compagnia, la quale si ritirava stilla linea della 2ª. Ma Andrew non tardò a rendersi conto che non era in grado di tenere la nuova posizione. Tuttavia sta di fatto che ripiegando dalla Quota 107 e dal campo d'aviazione egli offri al nemico l'unica possibilità di sfruttare le posizioni conquistate.
Il colonnello Andrew aveva sperato in un aiuto tempestivo da parte degli altri due battaglioni neozelandesi del suo settore. il XXI al comando del colonnello Allen e il XXIII al comando del colonnello Leckie. ma le sue speranze erano andate deluse. Al XXI battaglione, già duramente provato in Grecia, erano stati assegnati tre compiti: muovere verso il Travonitis, sostituire il XXIII battaglione se si fosse allontanato per portare aiuto al colonnello Andrew, oppure resistere combattendo sulla posizione in cui si trovava. Ben presto il battaglione si trovò impegnato per conto proprio con i paracadutisti. Nella tarda mattinata inviò un plotone a pattugliare la zona del Travonitis, con l'ordine di rastrellare due villaggi, Xamudochori e Vlacheronitissa. Il plotone riuscì a liberare il primo, ma il secondo era saldamente tenuto dai paracadutisti e dovette ritornare indietro.
Il colonnello Leckie aveva ricevuto l'ordine di difendere le sue posizioni e di portare, se richiesto, aiuto ad Andrew, ma il primo compito tenne il battaglione occupato per gran parte della giornata. Quasi tutto il III battaglione paracadutisti aveva preso terra nel settore di Leckie. Le perdite del battaglione furono lievi perché gli uomini erano al riparo dell'oliveto, ed agirono con estrema rapidità. Ciò nonostante le compagnie ebbero molto da fare, fuori del loro settore, per rastrellare i gruppi sbandati di paracadutisti di cui pochi riuscirono a sfuggire alla ricerca delle pattuglie neozelandesi e nel corso della giornata il III battaglione paracadutisti fu distrutto quasi completamente.
Da quanto il colonnello Leckie poteva giudicare, pareva che i tedeschi avessero avuto un'accoglienza analoga un po' dappertutto, per cui il morale del battaglione era alto. Da Quota 107 non si erano notati segnali di emergenza e il generale Hargest aveva comunicato telefonicamente a Leckie che non avrebbe richiesto il suo intervento per il contrattacco, a meno che la situazione del XXII battaglione si fosse fatta critica. Alcuni uomini del XXIII battaglione cercarono di mettersi in contatto col XXII, ma furono scambiati per tedeschi e fatti segno a un fuoco cosi nutrito che vi rinunziarono, sicché quando alla fine Hargest gli ordinò di inviare al colonnello Andrew una sola compagnia, Leckie dovette senz'altro ritenere che la situazione fosse ben controllata, il suo ottimismo era giustificato dal fatto che i suoi avevano ucciso almeno duecento tedeschi perdendo soltanto pochi uomini tra morti e feriti.
Lo stesso si ripeteva più o meno sul resto del fronte della 5ª brigata: anche li si erano avuti atterraggi di paracadutisti e di alcuni alianti, ma i maori del XXVIII battaglione, gli uomini della 7ª compagnia e la 19ª compagnia non incontrarono difficoltà nel travolgere gl'invasori, fatta eccezione per alcuni gruppi sbandati. Intanto al comando della 5ª brigata il generale Hargest, sempre incline a considerare le cose dal lato favorevole, stava diventando ottimista. Le unità con le quali era in stretto contatto riferivano invariabilmente che i nemici erano stati uccisi in gran numero, in aria o a terra. E questo lo indusse a ritenere erroneamente che le cose andassero nello stesso modo sul fronte del colonnello Andrew.
Sembra che il generale Hargest non si fosse reso conto di tre cose: che Andrew riteneva disperata la propria situazione, che la ritirata era imminente e che sarebbe stato oltremodo difficile riprendere le posizioni perdute. Egli non poteva sapere quanti paracadutisti avevano preso terra a est del Travonitis e nelle zone non controllate. Nello stesso tempo, mentre il nucleo tedesco raccolto a ovest stava martellando Máleme quello a est si stava avvicinando alla zona della Canea. Le forze che attaccavano in questo settore erano costituite dalla 1ª e dalla 2ª compagnia del I battaglione del reggimento d'assalto, dal 3º reggimento paracadutisti, da un battaglione dei genio paracadutisti, e da alcuni reparti di un battaglione paracadutisti e da un battaglione mitraglieri contraerei paracadutisti. La 1ª e la 2ª compagnia dovevano arrivare in due gruppi trasportati dagli alianti e distruggere le difese contraeree sulla penisola di Akrotiri e a un chilometro e mezzo a sud della Canea, mentre il grosso delle forze doveva lanciarsi col paracadute su entrambi i lati della strada Alikianú La Canea, radunarsi, dare appoggio ai compagni sbarcati dagli alianti e attaccare La Canea dopo essersi impadroniti di Karatsos e di Ghalátas. Il battaglione genieri doveva impadronirsi della centrale elettrica di Aghya e del ponte di Alikianú e utilizzare queste posizioni per un'ulteriore avanzata su Fournes e Skines.
Il risultato fu che il distaccamento di Akrotiri con i suoi 15 alianti fu distrutto da un battaglione che faceva parte delle riserve, il I ussari del Northumberland. L'altro gruppo sgominò una compagnia della difesa contraerea, ma poi fu costretto a ritirarsi e durante la notte i superstiti ripiegarono sul 3º reggimento paracadutisti a sud ovest di Ghalátas. L'aliante che trasportava il generale Sussmann, comandante del gruppo centrale, si schiantò sull'isola di Aigina e tutti gli occupanti rimasero uccisi.
Su questo fronte la difesa era costituita dalla 10ª brigata neozelandese ch'era stata raggruppata alla meglio, al comando del colonnello Kippenberger, insieme col 2º, 6º, e 8º reggimento greco, e il suo compito generico consisteva nella difesa della costa e delle alture a est della Canea. Alle loro spalle in appoggio vi erano il XVIII, XIX e XX battaglione della 4ª brigata neozelandese e oltre a tre battaglioni inglesi il I Welch, il I Rangers e I ussari del Northumberland nonché diversi gruppi eterogenei formati per l'occasione e da reparti speciali di fanteria e di artiglieria.
Il battaglione dei genieri paracadutisti tedeschi toccò terra secondo il piano, ma gli altri arrivarono un po' sparpagliati. Al loro atterraggio segui una giornata di combattimenti piuttosto confusi, nei quali furono impegnate sia le unità della 4ª brigata neozelandese sia l'ala sinistra della 10ª, e i tedeschi subirono gravi perdite.
Vi fu un momento in cui il fronte della 10ª brigata si trovò in grave pericolo proprio nel punto più importante, là dove la strada proveniente dalle carceri attraversava Ghalátas, diretta a ovest di un'altura battezzata dagli inglesi Pink Hill. Il lato destro di questa strada era stato difeso dal 6º reggimento greco, male armato e con poche munizioni, subito dopo l'atterraggio dei tedeschi il reggimento fu attaccato violentemente dai reparti di due battaglioni paracadutisti e su di esso non si poté più contare come unità organizzata. I superstiti ripiegarono su altre unità. tranne un gruppo di 200 uomini che si ritirarono su Ghalátas e qui furono riorganizzati dal capitano Forrester del Queen's Regiment.
Nella tarda mattinata il tenente Neuhof lanciò contro Pink Hill la 7ª compagnia paracadutisti e la compagnia divisionale addetta ai carburanti, in un attacco appoggiato dal tiro dei mortai, che provocò gravi perdite fra i difensori. Alla fine l'assalto fu respinto ma i tedeschi lo ripresero sulla sinistra, dove prima erano schierati i greci. Il capitano Forrester contrattaccò appena in tempo. Il maggiore Brian Bassett, della brigata di Kippenberger, intervenne subito a colmare il vuoto con una linea di avamposti, sicché il fronte fu abbastanza saldo per resistere all'ultimo attacco tedesco della giornata, sferrato nel tardo pomeriggio. All'imbrunire il maggiore Russell, comandante della cavalleria divisionale inquadrata nella 10ª brigata e che era dislocata a nord del serbatoio dell'acqua, arrivò con i suoi uomini. Con la protezione dell'oscurità furono dislocati sulla sinistra della compagnia rifornimento carburanti e sulla destra del XIX battaglione.
Sul tardo pomeriggio il 2/VIII battaglione australiano fu trasferito da Georgeoupolis per tamponare una falla attorno a Murniés. E l'8º reggimento greco, sebbene si trovasse tagliato fuori dalla 10ª brigata e le armi di cui disponeva fossero quasi esclusivamente quelle tolte al nemico, fu in grado di difendere il ponte di Alikianú e le alture circostanti. Il 6º reggimento greco fu frantumato, ma gli elementi rimasti si trasferirono al XIX battaglione e a Ghalátas.
Frattanto il comandante del 3º reggimento paracadutisti generale Heydrich, visto che i suoi assalti iniziali erano falliti, pensò che sarebbe stato bene tenere le posizioni sulle quali si trovava e decise perciò di concentrare gli unici battaglioni efficienti rimastigli quello del genio e il I battaglione su un fronte difensivo a sud di Ghalátas. Quindi alla fine della prima giornata i tedeschi non solo non erano riusciti a prendere La Canea ma avevano subito gravi perdite senza aver neppure la speranza di sferrare nuovi attacchi.
L'attacco contro i difensori di Rétimo fu intrapreso intorno alle 16.15 dal I e dal III battaglione del 2º reggimento paracadutisti. Gli atterraggi non furono ben sincronizzati e non avvennero esattamente nei punti previsti dal piano d'invasione. La difesa, composta dal 2/I battaglione australiano, dal 2/XI battaglione australiano e da quattro battaglioni greci male armati, si batté egregiamente sotto l'energico comando del tenente colonnello I.R. Campbell. Alla fine della giornata il nemico aveva subito gravi perdite e Campbell preparava febbrilmente i piani per ulteriori attacchi da sferrare alle prime luci del giorno successivo.
L'attacco a Iráklion, anche questo predisposto per le 16.15 circa ma ritardato per la mancanza di coordinamento, fu lanciato dal I, dal II e dal III battaglione del 11 reggimento paracadutisti, però falli per la difesa della 14ª brigata di fanteria (il 2/IV battaglione australiano, e i battaglioni Il Black Watch, II Leicester e II York and Lancaster, più l'artiglieria che combatteva come fanteria e tre battaglioni greci. A sera né la cittadina di Iráklion né l'aerodromo erano caduti in mano dei tedeschi.
Per il generale Freyberg era stata però una giornata di gravi preoccupazioni. Probabilmente, perfino quando aveva tolto il XVIII e il XIX battaglione dal gruppo di riserva per porli sotto il comando del generale di brigata Puttick, doveva aver preso la decisione con molto timore, poiché sapeva che altri attacchi sarebbero seguiti, sia contro Rétimo sia contro Iráklion, e che vi sarebbe stata anche un'invasione dal mare. A notte avanzata fu intercettato un ordine d'operazione che rivelò l'intero piano del nemico. Freyberg, ignaro degli sviluppi assunti dalle azioni intorno a Máleme, avrebbe avuto buoni motivi di giudicare la situazione abbastanza soddisfacente; tuttavia il tono del suo rapporto di mezzanotte a Wavell fu cauto, sebbene fiducioso.
Anche il generale Student passò una nottata piena di ansie. I rapporti che affluivano da ogni parte indicavano il fallimento su tutti i fronti a eccezione di uno quello di Máleme, dove sussisteva un filo di speranza d'impossessarsi del campo di aviazione. Perciò prese l'ardita decisione di rischiare tutto per conquistarlo. Se fosse riuscito a far atterrare la 5ª divisione da montagna in quel punto, avrebbe potuto sperare di mettere insieme un contingente di forze capace di trasformare il disastro in un successo. Ma ovviamente non poteva contare su un risultato duraturo se non si fosse assicurato per prima cosa la disponibilità del campo di aviazione. Student ordinò quindi che tutti i paracadutisti ancora disponibili fossero mandati contro Máleme e insieme con loro vi mandò il colonnello Ramcke affinché sostituisse il generale Meindl, che era rimasto ferito. Le truppe già paracadutate sul posto dovevano attaccare a est del ponte sul Tavronitis al comando del capitano Gericke, e a sud al comando del maggiore Stentzler, per costituire un fronte a est dell'obiettivo.
Alle ore 2 Andrew raggiunse la posizione del XXIII battaglione, qui s'incontrò con i colonnelli Leckie e Allen e con il maggiore Philp, comandante dell'artiglieria, e insieme decisero di " tenere le posizioni tutto il giorno seguente ". Quindi Andrew si recò a rapporto da Hargest, dal quale ricevette l'ordine di sistemare le truppe sulla linea tenuta dal XXI e dal XXIII battaglione. L'operazione fu portata a termine nel corso della mattinata e il pomeriggio la nuova linea si dimostrò abbastanza solida poiché respinse più di un tentativo di penetrazione infliggendo dure perdite ai tedeschi. Per di più un nuovo lancio effettuato dalla 5ª e dalla 6ª compagnia del 2º reggimento paracadutisti falli.
Ma la decisione dei neozelandesi di tenersi sulla difensiva senza contrattaccare immediatamente per eliminare tutti i nemici offri al generale Student l'occasione sulla quale aveva puntato la sua carta ed egli si affrettò a sfruttarla. Sul tardo pomeriggio del 21 maggio il II battaglione del 100º reggimento da montagna incominciò a giungere in volo. Una parte del battaglione rinforzò i paracadutisti che si stavano preparando per l'attacco del giorno successivo, una parte fu assegnata alla difesa del campo d'aviazione conquistato. Hargest, il quale non dimostrava affatto di capire l'assoluta necessità di agire il più rapidamente possibile, impiegò tutta la giornata a discutere il problema di contrattaccare con la divisione del generale Puttick. Il 21 maggio il cielo fu solcato fin dall'alba da molti aerei tedeschi e convennero sull'impossibilità di sferrare il colpo prima che facesse buio. Finalmente fu deciso di contrattaccare nella notte con il XX battaglione e il battaglione dei maori. Allo scopo di sostituire il XX battaglione nella difesa costiera avevano ricevuto un messaggio in cui si comunicava che lo sbarco dal mare sarebbe avvenuto probabilmente quella notte stabilirono di trasferire da Georgeoupolis il 2/VII battaglione australiano. Il XX battaglione doveva avanzare parallelamente al lato destro della strada, quello dei maori alla sinistra, puntando verso il Tavronitis. Tre carri armati leggeri li avrebbero accompagnati come appoggio, procedendo direttamente sulla strada; il XXIII battaglione avrebbe provveduto al rastrellamento dopo l'attacco e la RAF avrebbe bombardato il campo d'aviazione fra la mezzanotte e le due. Si sperava che tutti e due i battaglioni attaccanti potessero prendere il via all'una.
A mezzanotte il XXVIII battaglione era pronto sulla linea di partenza, ma non poteva avanzare senza il XX, alcune unità del quale avevano tardato. Dopo aver procrastinato l'azione di tre ore, Hargest decise ch'era impossibile attendere più oltre le altre compagnie e decise di sferrare l'attacco con quelle che aveva. Verso le ore tre la linea di partenza fu varcata dal battaglione dei maori a sinistra della strada e da due compagnie del XX battaglione a destra, seguite dalle altre tre un'ora dopo. Le compagnie si scontrarono col nemico, dall'uno e dall'altro lato della strada, subito dopo ch'ebbero varcato la linea di partenza. Gruppi isolati di paracadutisti barricati nelle case o trincerati nei boschetti combattevano con estrema tenacia.
I punti deboli del piano si manifestarono in pieno durante lo svolgimento dell'azione. Chi l'aveva progettata non aveva tenuto conto, nel calcolo del tempo, degl'inevitabili ritardi né del fatto che fra la linea di partenza e il fronte da attaccare vi erano numerose sacche nemiche, e l'attacco stesso non era condotto con forze sufficienti. Indiscutibilmente lo slancio della fanteria compi veri miracoli, ma fin dalle prime ore del pomeriggio i comandanti britannici erano preparati al peggio, poiché sapevano che senza l'appoggio dell'aviazione e senza rinforzi di fanteria e di artiglieria assai più consistenti il contrattacco si poteva considerare decisamente fallito per quel giorno e non restava altro da fare che tentare di mantenersi sulle posizioni raggiunte.
La notte del terzo giorno (22 maggio) le preoccupazioni del generale Freyberg aumentarono quando fece il punto della situazione, costatando che l'unico elemento a favore era il fatto che mentre il XX battaglione e quello dei maori stavano progredendo con il contrattacco, fiamme e riverberi dalla parte del mare dicevano che la marina britannica aveva scoperto i convogli tedeschi.
Ancora una volta le forze del generale Heydrich erano state troppo esigue per attaccare sul fronte di Ghalátas durante la seconda giornata e il tentativo intrapreso nel corso della terza era fallito. Infine le notizie che Freyberg era riuscito a ricevere da Rétimo e da Iráklion erano tali da giustificare un certo ottimismo. In tutti e due i settori i tedeschi erano ancora attivi e costituivano sempre una minaccia, però a Rétimo gli uomini del colonnello Campbell avevano frazionato le forze degl'invasori, imbottigliadoli in un oleificio presso Stavroménos e nel villaggio di Perivólia; a Iráklion la difesa aveva la meglio e aveva raccolto la maggior parte dei rifornimenti che la Luftwaffe aveva lanciato.
L'invasione dal mare, benché ancora allo stato di semplice minaccia, aveva dilazionato il contrattacco su Máleme determinandone il fallimento. La mancata effettuazione di quanto progettato dal generale Heydrich, consenti a Freyberg di concedere una tregua agli uomini e di riorganizzarli. Il suo schieramento costituiva sempre un pericolo per il fianco meridionale della 5ªbrigata e se i tedeschi avessero continuato a mantenere saldamente Máleme, alla fine sarebbero stati in grado di unirsi. Inoltre la 10ª brigata di Kippenberger, improvvisata li per li con truppe eterogenee impiegate come fanteria, anche se era stata utilissima quando ebbe assegnati compiti difensivi, non aveva però l'energia necessaria per condurre un attacco, sicché era rischioso lanciarla oltre il suo schieramento difensivo.
Il generale Freyberg si convinse che era opportuno annullare il progetto di un secondo contrattacco, il generale Hargest riteneva che la 5ªbrigata fosse troppo esausta per impegnarvisi, e che a questo punto i tedeschi dovevano essere abbastanza forti da aggirarla e circondarla, a Freyberg non restò altra via d'uscita se non dichiararsi d'accordo su un ripiegamento da effettuare la notte stessa su una linea difensiva più breve. Mentre compilava il rapporto per il generale Wavell spiegando le ragioni che l'avevano indotto a ridurre il fronte, Freyberg cominciava già a sentire, che le cose stavano andando rovinosamente. Vero che Wavell gli doveva inviare un altro battaglione e un reparto di commando, ma questi rinforzi non sarebbero stati paragonabili ai contingenti di fanteria da montagna che affluivano nelle file di Student. Presto le forze combattenti tedesche sarebbero state numericamente pari, se non superiori, a quelle britanniche e se si voleva che queste resistessero assicurando loro i rifornimenti, era necessario tenere la baia di Suda.
Hargest ricevette le disposizioni per il ripiegamento verso l'una del mattino, e il capitano Dawson le trasmise agli altri comandanti. La sorpresa del colonnello Leckie, fu condivisa dai comandanti quando si incontrarono per discutere rapidamente il piano del ripiegamento. Ignoravano che tre battaglioni tedeschi da montagna stavano facendo pressione per aggirarli, che il colonnello Ramcke aveva ricevuto l'ordine di formare un gruppo di combattimento con tutti i paracadutisti superstiti e di impiegarlo in un attacco frontale, e che il gruppo di combattimento Heilmann, sotto il comando di Heydrich, era già in movimento per tagliare la strada costiera alle loro spalle.
Tuttavia nessuna di queste azioni fu realizzata in tempo per impedire che i battaglioni britannici completassero il ripiegamento nelle prime ore del pomeriggio, coperti dal battaglione dei maori guidato da Dittmer. La 1ª, 2ª e 3ª batteria del 27º gruppo, dopo aver reso inservibili i loro cannoni, si trasformarono in plotoni di fanteria e quando tutti i battaglioni in ritirata si furono sistemati sulla nuova posizione a est di Plataniás, la brigata disponeva soltanto di una mezza dozzina di pezzi da 75, di due cannoni Bofors e di due cannoni da 47 mm. La restante " fanteria " della 5ª brigata cioè il distaccamento genieri, la 19ª compagnia e il centro campale di punizione si ritirò anch'essa.
I paracadutisti del gruppo Ramcke si gettarono immediatamente all'inseguimento, dopo aver caricato i mortai a bordo degli autocarri della RAF dei quali si erano impadroniti. Tentarono prima un attacco frontale, poi lo sfondamento dalla parte costiera, ma l'uno e l'altro fallirono. Però un battaglione delle truppe da montagna si spinse fino a Plataniás, in un punto favorevole per attaccare dal fianco sud. Tutti si rendevano conto, fin troppo chiaramente, che la 5ªbrigata correva serio pericolo di essere tagliata fuori il giorno successivo, perché la sua posizione era ancora troppo avanzata. Dato che le sue unità erano uscite fortemente indebolite dal combattimento (il XXI battaglione era rimasto con soli 170 uomini validi, il XXII battaglione con 110, il XXIII con 250 e il distaccamento genieri con 300), Puttick decise di passarla entro la notte alla riserva divisionale; le avrebbe dato il cambio la 4ª brigata attestandosi, insieme con la 10ª, sul settore destro di una nuova linea.
Il ripiegamento della 5ª brigata, che durò tutto il giorno e tutta la notte del 24 maggio, segnò la conclusione di una fase importante della battaglia. Finché Hargest aveva i suoi battaglioni davanti a Plataniás vi era la possibilità sia di lanciarli all'attacco con buone prospettive di successo sia di rinforzarli con riserve fatte avanzare dalle retrovie. Adesso il fronte si era stabilizzato su una linea che partiva dalla costa, nei pressi di Staliana Khania, e correva verso sud, attraversando il vecchio fronte della 10ª brigata.
I tedeschi, non si erano assicurati vantaggi determinanti negli altri due punti in cui avevano preso terra, Rétimo e Iráklion. A Rétimo l'iniziativa era ancora nelle mani degli australiani del colonnello Campbell e a Iráklion gli invasori minacciavano di distruggere la città con un bombardamento se non si fosse arresa, il che faceva supporre che non avessero grandi speranze di conquistarla con un'azione bellica condotta secondo le regole.
Tuttavia questi fatti non erano sufficienti per tranquillizzare Freyberg, impensierito per la situazione sul fronte a contatto immediato. Adesso il campo di aviazione di Máleme era tenuto dal nemico, che vi poteva far atterrare gli aerei da trasporto con le proprie truppe senza essere disturbato e che certamente avrebbe continuato a farvele affluire. Le speranze di Freyberg di riconquistare la posizione dipendevano dalla difesa di Suda: doveva tenere il porto ad ogni costo, non foss'altro che per alimentare il grosso delle forze tutto il tempo necessario all'organizzazione di una nuova offensiva con le unità delle quali disponeva, o con i reparti che gli fossero stati eventualmente mandati, perché solo dal porto di Suda avrebbe potuto ricevere in tempo utile i rifornimenti e i rinforzi.
Questi furono i motivi che determinarono la seconda fase della battaglia, che si accentrò sulla lotta per il possesso della baia di Suda. Era chiaro che i tedeschi adesso che il nemico era attestato su un'unica linea difensiva che correva dalla costa alle colline attraversando Ghalátas avrebbero concentrato il loro massimo sforzo in un tentativo di avanzata lungo la strada che portava alle carceri di Ghalátas e in un'ampia manovra di aggiramento verso sud, superando i massicci montuosi. Ma prima d'iniziare la grande offensiva dovevano procedere alla riorganizzazione delle forze. I caccia, il cui intervento era considerato d'importanza vitale per un'azione in grande stile, avevano adesso la base a Máleme, dove il 23 maggio erano giunte anche due batterie di artiglieria da montagna e venti cannoni controcarro, ma il nuovo comandante in capo delle forze tedesche a Creta generale Ringel non era uomo da intraprendere un'azione prima che tutti i preparativi fossero stati completati.
Egli decise di impiegare la giornata del 24 maggio dislocando le sue forze in posizione che agevolasse l'avanzata dell'indomani. A Ramcke, che aveva il comando delle superstiti truppe paracadutiste di Máleme, sarebbe toccato il settore fra la costa e Stálos; due battaglioni del 100º reggimento da montagna si erano ora riuniti al gruppo di combattimento di Heilmann, e presero possesso del fronte tra Stálos e le carceri. Sulla loro destra c'era quel che restava del 3º reggimento paracadutisti di Heydrich. Ancor più a destra, tra le colline verso sud, si trovava l'85º reggimento da montagna al comando del colonnello Krakau, tuttora fronteggiato dall'8º reggimento greco e da reparti di guerriglieri.
Sul fronte di Ghalátas, Kippenberger ignorava che avrebbe avuto ancora un giorno di tregua prima che si scatenasse la lotta vera e propria. Le trincee, scavate molto tempo prima che le truppe esperte fossero arrivate dalla Grecia, erano state fatte con criteri antiquati ed erano esposte al tiro dei mortai. Il fronte, mal difeso dai reticolati, era lungo oltre 2 km, troppi per un battaglione debole e solo parzialmente equipaggiato, con scarse possibilità di collegarsi, con insufficiente appoggio di artiglieria e con un numero di uomini troppo esiguo per consentire una difesa in profondità. I caccia tedeschi della base di Máleme attaccarono incessantemente tutto il 24 maggio e il tiro dei mortai e delle mitragliatrici s'intensificò dopo che le truppe da montagna ebbero occupato le posizioni assegnate. Due dei loro attacchi per saggiare la consistenza della difesa furono abbastanza violenti da costringere il colonnello Gray, comandante del XVIII battaglione, a rispondere contrattaccando. Kippenberger comprese che l'urto principale sarebbe stato diretto contro il XVIII battaglione di Gray, perciò la sera provvide a rinforzarlo con una compagnia formata da artiglieri che combattevano come fanteria e con una compagnia della riserva divisionale.
Freyberg era pienamente consapevole che la prova decisiva era ormai imminente, e lo rivelava il tono dei messaggi che trasmise la sera a Wavell. La situazione a Rétimo e a Iráklion era sempre fluttuante: il colonnello Campbell non era ancora riuscito a eliminare dal suo fronte i due concentramenti nemici più consistenti, i tedeschi avevano paracadutato un altro battaglione su Iráklion e il I battaglione scozzese fino a questo momento non aveva potuto aprirsi un varco verso nord per unirsi alle altre truppe. Ma queste erano ormai soltanto scaramucce di secondaria importanza rispetto alla lotta per il possesso della Canea. Freyberg si rivolse a Wavell chiedendogli di far intervenire la RAF in appoggio alle forze di terra e Wavell e la RAF fecero del loro meglio, ma non c'era da contare su un aiuto tale da avere un peso determinante. L'unica prospettiva sicura di rinforzi era rappresentata dal progetto di Wavell di far intervenire la Layforce, un'unità di commando agli ordini del colonnello R.E. Laycock; una parte dei suoi due battaglioni sbarcò a Suda la sera stessa. In realtà Freyberg stava già ammettendo, che non si trattava più di un'alternativa fra la vittoria e la sconfitta bensì fra la cattura e l'evacuazione. Se avesse potuto tenere soltanto un po' più a lungo la baia di Suda i rinforzi, che costituivano l'unica speranza di non perdere Creta, avrebbero avuto ancora la possibilità di sbarcare. Il giorno successivo, domenica 25 maggio, i tedeschi erano pronti per l'offensiva. Il generale Ringel aveva disposto che Krakau, il quale aveva adesso ai suoi ordini tre battaglioni di truppe da montagna, s'impadronisse di Alikianú e si spingesse poi più avanti, per tagliare la strada principale a sud della baia di Suda, mentre sul fronte principale l'obiettivo assegnato al 1001 reggimento da montagna era l'occupazione di Ghalátas. Simultaneamente i paracadutisti di Ramcke dovevano attaccare a nord e quelli di Heydrich si sarebbero spinti invece a sud della strada delle carceri della Canea.L'artiglieria e la Luftwaffe avrebbero appoggiato con intenso fuoco tutte le azioni il generale Student si sarebbe recato sul posto per seguire l'azione e metterne in risalto l'importanza.
Sul fronte di Ghalátas la prova cruciale era imminente. I tedeschi avevano l'equivalente di sei battaglioni bene armati ed equipaggiati, un reggimento d'artiglieria in appoggio e tanti aerei da oscurare il cielo della zona. Nel punto più esposto all'attacco gli inglesi potevano opporre un solo battaglione abbastanza fresco, il XVIII, i cui effettivi erano ridotti in questo momento a circa 400 uomini con scarsa disponibilità di munizioni. Il resto della linea era tenuto da un complesso eterogeneo di reparti e sebbene gli elementi fossero di indiscutibile valore bisogna tener conto che non erano stati addestrati a combattere come fanteria, che erano insufficientemente armati e che si trovavano in prima linea già da sei giorni.
Ringel, per essere certo del massimo appoggio dell'artiglieria e del coordinamento perfettamente sincronizzato delle azioni, aveva impartito l'ordine di attaccare Ghalátas nelle prime ore del pomeriggio. Per i difensori neppure la mattinata fu un intermezzo tranquillo, perché furono sottoposti al martellamento incessante delle mitragliatrici, dei mortai, dei cannoni e degli aeroplani da bombardamento. Nel primo pomeriggio l'offensiva tedesca si scatenò con tutta la sua violenza. I difensori avevano difficoltà a rispondere al fuoco, per la scarsità di munizioni e per l'assoluta mancanza di copertura aerea, tuttavia i neozelandesi s'ingegnarono a rispondere come meglio potevano, col poco che avevano a disposizione.
Ben presto tutte le compagnie avanzate del XVIII battaglione furono esposte all'attacco, che toccò l'acme verso le 16. Alla fine, nonostante un disperato contrassalto alla baionetta, condotto dal colonnello Gray in persona, la 4ª compagnia fu sopraffatta e per un momento parve che i tedeschi fossero li per sfondare, penetrando attraverso il fianco destro dello schieramento britannico. I rincalzi erano già stati impiegati e Kippenberger si affrettò a mandare nel punto minacciato le due compagnie che erano state messe insieme con i resti del XX battaglione. La posizione fu assicurata, però i rincalzi della prima linea erano stati esauriti.
Alla fine il colonnello Gray tornò indietro, Kippenberger gli ordinò di riorganizzare la difesa sul ponte di Daratsos, quindi si occupò di incorporare nei suoi reparti gli eterogenei rinforzi che stavano arrivando, fra i quali vi era persino la banda musicale della brigata (il Kiwi Concert Party), e fece in tempo a salvare il fianco destro della linea difensiva. Ma adesso i tedeschi avevano spostato il peso maggiore dell'attacco sulla sinistra e su Ghalátas. Il tiro dell'artiglieria diventò ancora più intenso, poiché volevano compiere un ultimo sforzo e realizzare lo sfondamento prima che calasse l'oscurità. Vi riuscirono: l'attacco fu sferrato con tanta violenza che penetrarono in Ghalátas e la tennero. Sembrò che tutta la linea difensiva stesse per crollare, ma nei minuti cruciali, poco prima delle 20, sopraggiunse il tenente Farran del III ussari con due carri armati leggeri e subito dopo lo seguirono la 3ª e la 4ª compagnia del XXIII battaglione. Kippenberger giudicò che fosse venuto il momento decisivo, sarebbe stato inutile tentare di rappezzare la linea del fronte, era evidente che bisognava contrattaccare, altrimenti sarebbe stato lo sfacelo. Ordinò ai comandanti delle due compagnie di riprendere Ghalátas, con l'appoggio dei due carri armati leggeri.
La fanteria dapprima li segui al passo, poi si buttò avanti di corsa penetrando nel villaggio e scomparve alla vista. Si levò immediatamente un fragore impressionante, udibile lungo tutta la linea. Decine di fucili automatici e di moschetti cominciarono a sparare tutti insieme, le esplosioni delle bombe, le grida e gli urli si fusero in un trambusto che ingigantì, si placò, quindi ingigantì nuovamente. L'intensità della sparatoria diminuì, si trasformò in un fitto crepitio, si allontanò progressivamente, infine si spense. Il contrattacco era riuscito.
Forse il combattimento di Ghalátas fu l'azione più violenta che i neozelandesi sostennero durante tutta la lunga guerra. Dopo che si fu conclusa, i tedeschi avevano ancora in mano solo un caposaldo, uno dei carri armati leggeri degli ussari era stato distrutto, l'altro era rimasto danneggiato e tutti gli ufficiali del XXIII battaglione, tranne due, erano feriti.
Ma il contrattacco aveva concesso in ogni modo una pausa di respiro ai difensori. Puttick sapeva che il giorno seguente sarebbe stato assolutamente necessario ridurre la linea e resistere su questa senza deflettere se si voleva evitare lo sfondamento, ma la manovra non sarebbe riuscita se non vi fosse stato l'8º reggimento greco, che si trovava a sud, sulle alture. Dal 20 maggio, primo giorno dell'invasione dall'aria, nessuno ne aveva più avuto notizie, ma i suoi uomini, che disponevano soltanto delle armi e delle munizioni che avevano potuto catturare, avevano impedito al nemico per tutto questo tempo di aprirsi un varco verso Alikianú. Il 25 maggio l'8º reggimento greco continuava a rappresentare un ostacolo cosi grosso per gli attaccanti, che Ringel aveva ordinato a Krakau di impadronirsi di Alikianú con i suoi tre battaglioni da montagna, dopo un attacco preparatorio dei bombardieri in picchiata. Gli Stuka avevano svolto la loro missione, ma le truppe a terra non erano arrivate oltre Episkópi. Senza la tenace resistenza dei greci tutto il gran combattere intorno a Ghalátas sarebbe stato inutile e il settore La Canea baia di Suda sarebbe stato tagliato fuori.
Ringel, bloccato in quella che secondo le sue speranze avrebbe dovuto essere la spinta decisiva per la conquista di Ghalátas, il 26 maggio decise di mandare a Krakau altri due battaglioni da montagna, stabilendo al tempo stesso che l'attacco sul fronte principale fosse ripreso dai paracadutisti e dal 100º reggimento truppe Alta montagna. Anche se il loro successo si fosse limitato a tenere inchiodati sul posto gli australiani e i neozelandesi, le forze di Krakau avrebbero dovuto essere in grado di operare lo sfondamento penetrando da sud e chiudendo la rete.
La rettifica nello schieramento neozelandese era stata portata a termine senza inconvenienti durante la notte. Il fronte della 5ª brigata fu bombardato, cannoneggiato e sottoposto al tiro dei mortai per buona parte della giornata, ma gli attacchi furono respinti e la linea resisté in tutti i punti. Finché Ghalátas aveva tenuto, i tedeschi non avevano sferrato azioni di gran rilievo contro il fronte difeso dalla 19ª brigata australiana e dal 2º reggimento greco, ma adesso il generale Ringel riteneva che un tentativo su questo fianco avrebbe potuto avere buon esito, sicché ordinò a Heydrich di spingere avanti la sua ala destra. L'offensiva fu preceduta da un'intensa azione di bombardamento aereo e di mitragliamento e fu lanciata a mattino avanzato, nel punto di congiunzione fra la 19ª brigata e il 2º reggimento greco. Alla fine il 2/VII battaglione australiano fu costretto a ritirarsi su Murniés, i tedeschi occuparono Perivólia e Ghalátas e il reggimento greco, male armato e male organizzato, cessò di esistere come unità. I suoi uomini però continuarono a combattere, partecipando alla lotta raggruppati in plotoni regolari oppure in formazioni partigiane.
La vittoria dei tedeschi era ormai nell'aria Freyberg, nella speranza di poter mantenere la linea ancora un giorno, stabili di costituire una brigata al comando di Inglis e formata con il I battaglione Welch [gallese], con gli ussari del Northumberland e con il I battaglione Rangers, di rilevare la notte stessa la 5ª brigata e affidare la responsabilità di tutte le operazioni sulla linea avanzata al generale Weston. Puttick, allorché ebbe notizia dei nuovi sviluppi, riferi a Weston che Vasey e Hargest erano entrambi dell'avviso di ritirarsi dopo che fosse calata l'oscurità. Weston, il quale non intendeva assumersi la responsabilità di una decisione cosi grave, voleva consultarsi con Freyberg, ma data l'estrema difficoltà delle comunicazioni Puttick non ebbe da lui nessuna notizia in merito e alle 22.30, giudicando che sarebbe stato rischioso indugiare più oltre, impartì le disposizioni per il ripiegamento.
Inglis, nel frattempo, aveva atteso al comando di divisione gli ordini di Weston relativi alla nuova brigata e l'incontro con i comandanti di battaglione. Ma gli ordini non arrivavano, i comandanti non si presentarono e se ne dedusse che il piano doveva essere stato modificato. Per ordine di Puttick riassunse il comando della 4ª, brigata e si allontanò per disporla sulla nuova linea, in posizione di riserva. Quando Puttick ricevette finalmente una comunicazione dalla quale risultava inequivocabilmente che Freyberg intendeva mantenere invariata la linea esistente era ormai troppo tardi, perché gli ordini per la rettifica erano già stati impartiti.
Come se non fosse bastato, vi era un fatto ancora più grave: il generale Weston aveva ordinato alla nuova brigata di avanzare e di dare il cambio alla 5ª prima di essere stato informato che sia questa brigata sia la 19ª Si stavano ritirando. Il I battaglione Welch, il I Rangers e gli ussari del Northumberland avanzarono a notte fatta e si attestarono nella zona che era stata tenuta dalla 5ª brigata dopo che questa aveva iniziato il ripiegamento, e quindi non si accorsero che il loro fianco sinistro era scoperto. Il generale Weston, non appena si fu reso conto di come stavano realmente le cose tentò di richiamarli mandando fuori dei portaordini a cavallo, che però non riuscirono a passare.
Al comando, la mattina del 26 maggio, Freyberg rifece il bilancio della situazione. Da quanto era a sua conoscenza le posizioni di Rétimo e di Iráklion tenevano ancora, senza aver subito variazioni sostanziali; per contro il fronte principale lasciava adito a ben scarse speranze, sicché la mattina stessa comunicò a Wavell che le sue truppe avevano raggiunto il limite della resistenza e aggiunse che se l'evacuazione fosse stata decisa immediatamente sarebbe stato ancora possibile portarne in salvo almeno una parte, se non tutte. Per il generale Ringel le prospettive erano diametralmente opposte. Tutto faceva presagire la vittoria tedesca. Aveva ricevuto il II battaglione del 141º reggimento da montagna e la mattina del 27 maggio gli ordinò di avanzare con la massima celerità possibile perché si unisse a Pyrghos al battaglione gemello, il I, arrivato due giorni prima. I due battaglioni, chiamati " gruppo Jais " dal nome del colonnello che li comandava, dovevano avanzare adesso sulla destra dei paracadutisti di Heydrich. Se tutto si fosse svolto secondo le previsioni di Ringel, Jais e Krakau, riunendo le loro forze, avrebbero potuto isolare il grosso delle unità di Freyberg.
Vasey e Hargest, però, si erano ritirati durante la notte. All'alba del 27 maggio il gruppo di riserva, cioè la neocostituita brigata britannica, costatò di essere scoperto sull'ala sinistra e, nel corso dell'attacco che i tedeschi sferrarono subito dopo, il colonnello Duncan e i suoi uomini del I battaglione Welch dovettero resistere a una tremenda pressione. La sostennero, ma nel pomeriggio la loro unica speranza si ridusse alla possibilità di riuscire a sganciarsi effettuando un ripiegamento. La 2ª e 4ª compagnia del I battaglione Welch poterono sottrarsi alla pressione del nemico insieme con alcuni plotoni dei Rangers e degli ussari del Northumberland; gli altri, ai quali la manovra era fallita, continuarono a combattere fino all'alba del giorno successivo ma la loro resistenza era condannata all'insuccesso. L'unico compenso per la serie di malintesi fu che la loro difesa tenne impegnati tutto il giorno i paracadutisti di Ramcke, sbarrando loro la via di accesso a Suda.
Il 26 maggio Freyberg aveva tentato, di convincere Wavell che la situazione era disperata e che la soluzione più consigliabile sarebbe stata di tentare il ripiegamento verso la costa meridionale. Sperava di poter mantenere durante questa fase una linea che coprisse la baia di Suda fino alla sera del 27 maggio, ancora ignaro che Vasey e Hargest si accingevano a ritirarsi e senza immaginare quale confusione sarebbe derivata dall'isolamento e dalla perdita del " gruppo di riserva ", emanò le disposizioni per il ripiegamento di tutte le forze su Sfakia, da effettuare la notte del 27 maggio.
Il resto della Layforce arrivò alla baia di Suda nel momento in cui l'ordine era compilato ed ebbe l'incarico di formare la retroguardia. Nel frattempo il suo I battaglione fu mandato a presidiare i bacini del porto, mentre il IV battaglione compiva una ricognizione lungo la costa a est di Suda per cercare una posizione favorevole dalla quale coprire la ritirata.
Vasey e Hargest intanto erano riusciti a disimpegnare le loro brigate e supponendo che il " gruppo di riserva " o un qualsiasi altro reparto di copertura si trovasse fra loro e il nemico, contavano di poter concedersi un intervallo di tregua. Il 27 maggio, nelle primissime ore del mattino, schierarono lungo la " 42ª Strada ", gli australiani a destra e i neozelandesi a sinistra, proponendosi di perfezionare nei dettagli una linea difensiva non appena si fosse fatto giorno.
Ma i comandanti di battaglione non erano troppo entusiasti del nuovo fronte e decisero, zona di riposo o no, di tenersi preparati a qualsiasi sorpresa e poco dopo i tedeschi aprirono il fuoco con le Spandau, da una distanza di 250 metri o poco più, il gruppo da combattimento del colonnello Jais, diretto verso la strada costiera, era incappato in un nido di calabroni. I tedeschi si affrettavano a portare in linea i mortai e a richiedere l'intervento dei caccia, mentre dal canto loro gli australiani e i neozelandesi erano entrati in azione senza esitare, con i maori fra i primi. L'azione, breve e violenta, eliminò virtualmente un battaglione del gruppo Jais e il colonnello che lo comandava fece ritirare tutti gli altri a distanza di sicurezza.
Ma i difensori avvistarono altre truppe nemiche da montagna, che attraversavano le alture più a sud, e Vasey e Hargest giudicarono che l'unica cosa da fare era di ritirare durante la notte la 19ª brigata a Neochorion e la a Stilos. Non riuscirono a rintracciare Weston, ma vennero a sapere che il I battaglione della Layforce avrebbe coperto la loro ritirata. Il IV battaglione dello stesso gruppo aveva messo una compagnia a difesa dell'incrocio della strada costiera con la strada di Stilos e Hargest decise di rafforzarlo lasciando a Veritiana due compagnie di maori.
Dietro il fronte, il 27 maggio, sulla " 42ª Strada ", regnò la confusione. Vi era un'unica strada principale per il ripiegamento e la percorrevano tutti: unità organizzate, compagnie isolate e frotte di soldati sbandati. Le comunicazioni erano state interrotte ed era impossibile procedere contro corrente.
Poiché Freyberg era ansioso di stabilire nel frattempo una linea difensiva nella pianura di Askifos a nord di Sfakia, la 4ª brigata e alcuni plotoni di rincalzo ebbero l'ordine di muovere a questo scopo verso sud, non appena fosse calata la sera. Weston comparve al comando della divisione neozelandese sul tardo pomeriggio, ma siccome gli era impossibile tornare indietro percorrendo la strada in senso inverso, non gli rimase altro da fare se non sperare che la 5ªe la 19ª brigata avrebbero saputo sganciarsi per conto proprio ed eseguire bene o male il ripiegamento.
Il nemico tagliò fuori la maggior parte del I battaglione della Layforce a nord di Stilos; invece il IV battaglione riusci a ritirarsi su Babali Hani, dove giunse verso la mezzanotte per presidiare una linea difensiva. Campbell, a Rétimo, era ancora all'oscuro della ritirata da Suda perché tutti i tentativi compiuti da Freyberg per fargli pervenire notizie erano falliti. Le sue truppe attaccarono nuovamente Perivólia e furono nuovamente tradite da guasti meccanici ai carri armati, mentre a Iráklion Campbell era in angustie, oltre che per la scarsità di munizioni, anche per il fatto che le forze tedesche erano in costante aumento.
Anche Freyberg era oppresso da gravi inquietudini. Nel tardo pomeriggio, non appena ricevuta l'autorizzazione di Wavell a procedere ai preparativi per l'evacuazione, inviò immediatamente un messaggio a Campbell per comunicargli le novità relative al piano, indicandogli come punto d'imbarco la baia di Pláka; ma quando l'ufficiale di collegamento incaricato di recapitargli le disposizioni arrivò a Punta Suda scopri che il battello per Rétimo era partito senza di lui. La giornata del 27 maggio, che era incominciata con la perdita del " gruppo di riserva ", si concluse con l'occupazione tedesca della Canea e della baia di Suda, che suggellò la seconda fase della battaglia di Creta.
La terza fase della battaglia di Creta, rappresentata dalla lotta delle retroguardie per coprire il grosso delle forze e dal disperato tentativo di evacuare il maggior numero possibile di uomini. Il 28 maggio Ringel non si rese subito conto che il nerbo delle unità nemiche stava ripiegando verso sud e stabili di concentrare lo sforzo principale su Rétimo e su Iráklion, costituendo un'avanguardia al comando del tenente colonnello Wittmann e ordinando che i vari reparti delle truppe da montagna procedessero parallelamente a questo gruppo, sul suo fianco sinistro.
Da questo momento, per le truppe di Freyberg, la battaglia diventò una serie di combattimenti delle retroguardie e di ripiegamenti, un continuo arretramento a sud, verso il mare. La mattina del 28 maggio le truppe alleate che combattevano ancora nel settore più settentrionale erano quelle del distaccamento di retroguardia presso Veritiana, costituite da due compagnie di maori 130 uomini in tutto e da un distaccamento della Layforce. All'alba furono attaccate simultaneamente da nord e da sud. I commando del gruppo di Laycock, che avevano in dotazione soltanto armi leggere e non erano addestrati a questo tipo di azioni, si ritirarono quasi subito e più tardi, quando la pressione nemica diventò insostenibile, il capitano Rangi Royal, vedendo il pericolo di restare tagliato fuori, con una manovra di sganciamento sottrasse i maori e li portò in salvo attraversando Arméni e proseguendo su Vrises.
La 5ª brigata, che aveva raggiunto Stilos poco prima dell'alba, fu costretta una volta di più a rinunziare al riposo, perché i fanti tedeschi dell'85º reggimento sopraggiunsero superando le colline, e cominciarono ad attaccare. Il fronte dei XXIII battaglione fu messo immediatamente in allarme, gli uomini delle due compagnie, ebbero l'ordine di portarsi senza indugio sulla cresta. Raggiunsero la parete rocciosa e non appena gli elementi di punta della formazione nemica furono a una dozzina di metri cominciarono a sparare.
Alla fine le truppe tedesche da montagna furono respinte, ma mentre il combattimento era in corso Vasey era arrivato da Arméni per conferire con Hargest e i due generali avevano deciso concordemente di ritirarsi di conserva: la 5ª brigata e il 2/VII battaglione avrebbero attraversato la posizione tenuta dal IV battaglione della Layforce dislocato a Babali Hani; il 2/VIII battaglione proveniente da Neochorion avrebbe provveduto invece a rinforzare la Layforce. Quando le truppe britanniche iniziarono la ritirata il combattimento riprese, perché i tedeschi si affrettarono a incalzare l'avversario. La posizione di Babali Hani poté essere tenuta però fino a sera, quando la retroguardia approfittò dell'oscurità per effettuare il ripiegamento.
Coperta da queste azioni, l'ultimo scontro fu combattuto a nord del massiccio del Madáres la 5ª brigata dopo aver sostato per una breve tappa a Vrises, riprese quella marcia avendo come meta la estremità del valico dove il XXIII battaglione si accingeva ad occupare una posizione difensiva affinché le altre unità lo potessero superare. All'alba la 5ª, e la 19ª brigata e il resto della retroguardia, che erano transitati senza inconvenienti, stavano seguendo la fiumana di uomini che aveva già raggiunto la pianura di Askifos. Per una tragica ironia gli australiani che avevano ritentato per l'ennesima volta l'attacco, quel giorno conquistarono finalmente Perivòlia, sia pure pagandola con perdite elevate.
Freyberg aveva tentato disperatamente e questo Campbell non lo poteva sapere, di mettersi in contatto radio con lui, sia via Medio Oriente e sia direttamente da Sfakia, ma nonostante tutti i suoi sforzi non era riuscito e non riusciva ancora a raggiungerlo. Campbell invece che si trovava sempre a Iráklion, aveva avuto notizia dell'evacuazione e alle tre del 29 maggio tutto il suo gruppo, tranne i feriti intrasportabili che aveva dovuto lasciare indietro, fini d'imbarcarsi a bordo degl'incrociatori Orion e Ajax e il convoglio prese il largo.
Dal suo comando a sud della pianura di Askifos, Freyberg poteva impartire adesso le disposizioni per l'evacuazione: 1.000 uomini dovevano lasciare Sfakia quella notte; altri 6.000 si sarebbero imbarcati la notte successiva, 3.000 la notte del 30 maggio e 3.000 la notte del 31. La Layforce e la fanteria di marina avrebbero lasciato Creta per ultime, dopo aver protetto la ritirata della 5ª e della 19ª brigata.
Il duplice compito di opporre ai tedeschi uno schermo difensivo e di organizzare le operazioni notturne d'imbarco continuò ininterrotto durante i tre ultimi giorni di maggio. Il 29 la 5ªe la 19ª brigata passarono attraverso la linea della 4ª, brigata all'estremità sud della pianura di Askifos. I reparti della 5ª, brigata si diradarono su una zona nei pressi di Komitadhes, mentre la Layforce difendeva di fronte ad essi lo sbocco della gola di Imvrotiko. L'altro possibile punto di penetrazione, vicino a Vitsilokoumos, era presidiato dalla 1911 brigata, insieme con la fanteria di marina e il III ussari. Dopo che i difensori si furono schierati su queste posizioni la 4ª brigata le attraversò, dirigendosi verso la costa.
Nessuna di queste unità si imbarcò nella notte fra il 29 e il 30 maggio, perché a riva c'erano già in attesa più uomini di quanti le navi potessero prenderne a bordo. Circa mezz'ora dopo le 24.00 i trasporti della Royal Navy apparvero al largo di Sfakia e circa tre ore più tardi ripartirono con 6.000 uomini. Freyberg aveva avuto l'ordine di rientrare in Egitto alla prima occasione, ma preferì attendere ancora un giorno.
All'alba del 30 maggio il colonnello Utz piombò sulla retroguardia britannica ma la 19ª brigata gli riservò un'accoglienza scoraggiante. Utz chiese l'appoggio dei bombardieri in picchiata e dell'artiglieria, ma siccome quel giorno non erano disponibili tentò di aggirare i fianchi, senza riuscire però nell'intento. Un reparto tedesco piuttosto consistente raggiunse il fondo della gola di Sfakiano, vicino al comando di Freyberg, ma il XX battaglione lo avvistò in tempo e Kippenberger mandò immediatamente due compagnie riuscendo a rintuzzare l'attacco.
La mattina del 30 maggio, al comando delle truppe, Freyberg annunziò a Weston, a Vasey, a Inglis e a Hargest che quattro cacciatorpediniere avrebbero preso a bordo, durante la notte, 5.000 uomini; un battaglione della 4ª e della 5ª, brigata sarebbe dovuto rimanere a Creta. Hargest decise che vi restasse il XXI. Poi giunse una segnalazione: sarebbero stati evacuati non più 5.000 uomini, ma soltanto 1.000. Freyberg stabili allora di far partire singole compagnie dei battaglioni appartenenti alla 41 brigata e una parte del battaglione dei maori. La 19ª brigata e i maori ricevettero l'ordine di attestarsi per questa notte sulle rupi più in alto per trattenere i tedeschi, mentre la 5ª brigata doveva difendere le posizioni che coprivano la riva e gli sbocchi delle gole.
La Royal Navy mantenne più di quanto aveva promesso e imbarcò non 1.000 ma 1.400 uomini, compresi i superstiti del III ussari che dovettero smantellare i loro ultimi carri armati. Freyberg passò una giornata tormentosa: doveva decidere quali unità si sarebbero imbarcate e insistette presso Wavell e presso il primo ministro della Nuova Zelanda Fraser al fine di ottenere per la notte successiva l'invio di un ultimo trasporto con il massimo numero possibile di navi. Tentò inoltre di far pervenire messaggi a Rétimo. L'idrovolante per Freyberg ammarò la sera a Sfakia e il generale ordinò a Inglis d'imbarcarsi con lui, insieme con altri.
A Rétimo Campbell si batté fino all'ultimo. Sul far del giorno i tedeschi comparvero in forze a est di Perivòlia e adesso Campbell non ignorava il significato della loro presenza. Eppure per quanto ne sapeva lui l'ordine di difendere il campo di aviazione era sempre valido, perciò decise di accettare il combattimento. Ma alla fine fu circondato e non poté fare altro che arrendersi: solo pochi dei suoi uomini riuscirono a fuggire inoltrandosi fra le colline e più tardi raggiunsero l'Egitto.
La mattina del 31 maggio gli accessi a Sfakia erano difesi soltanto sul fianco destro dalla Layforce e dagli australiani al centro, trasversalmente alla strada principale, e sul fianco sinistro; la riserva era costituita dalla fanteria di marina. Due cannoni erano ancora in attività e la posizione era forte sicché il morale dei difensori era alto nonostante il numero esiguo e la scarsità di armi e di munizioni. Alle prime luci del giorno la 5ª brigata incominciò a scendere lungo la scarpata. Furono prese le disposizioni per imbarcare, la notte, 2.000 uomini. Weston, che aveva assunto il comando dopo la partenza di Freyberg, aveva in tutto 9.000 uomini: 4.000 nelle formazioni di combattimento, 3.500 suddivisi in gruppi e 1.500 sbandati. Riteneva che le operazioni d'imbarco si sarebbero svolte anche durante le due notti successive, finché sul tardo pomeriggio Wavell gli comunicò che l'evacuazione della notte sarebbe stata l'ultima e che il convoglio avrebbe potuto imbarcare non più di 3.600 uomini. Weston, quindi, fu costretto a prendere la grave decisione di lasciare a terra la Layforce. Il tenente colonnello Colvin del I battaglione ebbe l'ordine di rimanere a Creta e di trattare la resa.
A questo capitolo disgraziato si aggiunse un altro rovescio, paragonabile per la sua gravità alla perdita del " gruppo di riserva " e degli australiani del colonnello Campbell a Rétimo. L'imbarco della 5ª brigata e del 2/VIII battaglione si svolse secondo il piano prestabilito, senza intralci. Il 2/VII battaglione, invece, trovò l'angusta via di accesso alla spiaggia bloccata dagli uomini in attesa e non poté procedere abbastanza spedito in modo da arrivare in tempo. Anche questi furono costretti a rimanere a Creta. Col nuovo giorno arrivò il nemico. Per tutti quelli che non erano stati evacuati non vi era altra soluzione che la resa. Creta, che Student aveva definito " la tomba dei paracadutisti germanici ", era stata conquistata.
P.S.: Il 28 maggio 1941 un contingente italiano di 2.700 uomini sbarcò sulla costa nord occidentale di Creta a Sitia, era partito il giorno prima dall'isola di Rodi con un convoglio di 13 piccole navi scortate da 5 cacciatorpediniere e 6 Mas.
I reparti aerei italiani dislocati nell'Egeo avevano una efficienza media di circa 50 velivoli tra le varie specialità, queste intervennero ripetutamente sia su terra che su mare su richiesta dei tedeschi, in maniera così efficiente, che il comandante italiano ricevette un telegramma di congratulazioni dal Gen. von Richthofen.