La Conquista di Hong-Kong
La colonia inglese di Hong-Kong è costituita dall'isola di Hong-Kong e da un entroterra denominato New Terrilories. L'isola di Hong-Kong, che si trova a poco più di 1 km dalla costa, era stata la colonia originaria. Dopo la cessione iniziale, avvenuta nel 1842, ad essa era stata unita una striscia di terraferma estendentesi per circa 35 km a nord. La popolazione della colonia era sensibilmente concentrata nelle sue due città: Victoria, sulla costa settentrionale di Hong-Kong, e Kowloon, sull'estrema punta meridionale della terra-ferma.
Nel 1940 i capi di stato maggiore inglesi giunsero alla conclusione che Hong-Kong era un avamposto di nessuna importanza strategica l'unico motivo per il quale esso veniva difeso era quello di impedire il più a lungo possibile che navi nemiche avessero accesso al porto. Il piano difensivo originale prevedeva la concentrazione di tutte le forze nell'isola; ma quando, nel novembre del 1941, la guarnigione fu aumentata da 4 a 6 battaglioni, il comandante, maggior generale C.M. Maltby, modificò i suoi piani. Invece di mantenere sulla terraferma una forza di copertura poco consistente, Maltby schierò tre battaglioni di fanteria e 16 dei suoi 28 cannoni campali lungo la Gindrinkers Line, la linea difensiva che si estendeva per circa 16 km attraverso la parte meridionale della terraferma. Dal punto di vista di una difesa a tempo indeterminato, si trattava di una linea molto estesa per una sola brigata di fanteria; inoltre essa aveva scarsa profondità, la posizione piu avanzata sulla Smugglers' Ridge distava soltanto 1.500 metri dal mare. Nonostante le sue palesi debolezze, Maltby riteneva che la linea avrebbe potuto contenere un attacco giapponese per 7 giorni. Schierando metà delle sue forze sulla terraferma Maltby intendeva impedire all'artiglieria nemica di fare fuoco su Kowloon e sull'isola durante la fase nella quale avrebbero proceduto a demolire gli impianti più importanti, ad affondare navi, e ad attuare il trasferimento dei magazzini sull'isola. Non appena ciò si fosse reso necessario, egli avrebbe ritirato sull'isola tutte le unita, preparandosi a condurre una difesa statica lungo tutto il perimetro.
I giapponesi prepararono ]'attacco a Hong-Kong dalla base situata nella Cina meridionale che essi occupavano da tre anni. Lo svolgimento della missione fu affidato ad una grande unità di formazione della forza di 20.000 uomini. Il loro ordine di battaglia comprendeva nove battaglioni di fanteria e 17 battaglioni di artiglieria, quest'ultimi dotati di cannoni da montagna e controcarro, di cannoni pesanti con affusto campale e con affusto d'assedio, nonché di mortai campali e da assedio. Le unità terrestri erano appoggiate da 6 gruppi di bombardieri, caccia e ricognitori in dotazione all'esercito e da una piccola formazione navale il cui compilo era quello di porre il blocco alla colonia impedendo l'arrivo di rinforzi o eventuali tentativi di fuga.
Alle ore 7.30 dell'8 dicembre 1941 le truppe giapponesi attraversarono la frontiera ed avanzarono fino a che sullo Sham Chun, i cui ponti erano già stati fatti saltare, li costrinse ad un temporaneo arresto. Alcune unità del genio pontieri, approntarono alcuni ponti provvisori, nonostante l'intenso fuoco dei contingenti di truppe indiane cui era stata affidata in copertura di quel settore. Pressappoco nello stesso momento una grossa formazione di aerei giapponesi attaccò l'aeroporto di Kailak, distruggendo a terra i cinque antiquati aerei inglesi che vi si trovavano. Da quel momento in poi l'aviazione giapponese non incontrò la benché minima opposizione aerea e pote quindi bombardare, sia da alta quota che in picchiata, le posizioni dei difensori.
Durante i due giorni successivi i giapponesi avanzarono rapidamente per circa 25 km superando ripide alture ricoperte di boscaglia fino a giungere in vista della Gindrinkers Line. Durante la seconda notte di guerra un reggimento giapponese colse di sorpresa una compagnia del II battaglione Royal Scots che presidiava il fortino di Shing-mun, e dopo durissimi combattimenti se ne impadronì. Il fortino, che avrebbe dovuto costituire la parte più resistente della Gindrinkers Line, era formato da cinque casematte collegate tra di loro da trincee e gallerie, e circondate con filo spinato. Esso rivestiva particolare importanza in quanto dominava quasi tutta la parte orientale della linea difensiva. Sentendo che il fortino era caduto in mano nemica, il generale C. Wallis, comandante della brigata inglese Mainland, chiese ai Royal Scots di riconquistare la posizione all'alba e promise un adeguato appoggio di artiglieria e fanteria. L'ufficiale comandante dei Royal Scots fece però rilevare che la sua compagnia di riserva, decimata dalla malaria, non era in grado di svolgere una simile azione, cosicché Wallis riferì al generale Maltby di non aver insistilo sulla necessità di un contrattacco in quanto sembrava « inutile costringere un comandante di battaglione a eseguire un piano nel quale egli non aveva alcuna fiducia ». Le truppe inglesi abbandonano la terra ferma La perdila del fortino di Shing-mun rese inevilabile una rapida evacuazione della striscia di terraferma. II comando inglese restò sorpreso di fronte a quell'attacco cosi intelligente e vigoroso, e lanciato cosi tempestivamente; esso era infatti del tutto impreparato a fornire un immediato appoggio alle forze impegnate e chiaramente incapace di organizzare un contrattacco. II giorno seguente il generale Maltby decise di evacuare la striscia di terraferma il più presto possibile.
Per coprire l'evacuazione degli uomini e dei materiali, i Royal Scots abbandonarono la Gindrinkers Line per raggiungere Kowloon. Non avevano ancora avuto il tempo di attestarsi sulle nuove posizioni quando i giapponesi attaccarono in forze; pur subendo.gravi perdile, specialmente tra gli ufficiali, essi riuscirono in qualche modo ad impedire un completo sfondamento, e grazie alla loro resistenza la linea si stabilizzò consentendo agli inglesi di guadagnare tempo per la ritirata.
Quello stesso pomeriggio vennero effettuati massicci lavori di demolizione. I serbatoi di carburante e i cantieri di Kowloon furono distrutti, i cannoni in postazione sulla Stonecutters' Island furono fatti saltare e tutte le navi mercantili inglesi che si trovavano nel Porto vennero affondate si avvicinò al Victoria ad un'ora imprevista della notte; non scorgendo alcuna luce, le sentinelle aprirono il fuoco, e la lancia saltò in aria. Ii solo grave errore commesso dagli inglesi fu quello di lasciare che centinaia di giunche e sampan cadessero in mano dei giapponesi, in quanto essi be avrebbero poi impiegate come mezzi da sbarco. D'altra parte gli inglesi non avevano contenuto la avanzata giapponese tanto a lungo quanto i loro piani prevedevano; in un primo tempo il generale Maltby aveva infatti pensato che la difesa della terraferma sarebbe durata almeno altri tre giorni.
Non vi è dubbio che la ritirata colse di sorpresa i giapponesi. L'operazione era da poco terminata quando il comandante giapponese, tenente generale Taikaishi Sakai, inviò tramite una motolancia un messaggio chiedendo che l'isola si arrendesse minacciando di ricorrere se ciò non fosse avvenuto, ad un pesante bombardamento aereo e di artiglieria; ma il governatore. sir Mark Young, respinse la richiesta di resa e subito i giapponesi diedero inizio ad un attacco sistematico delle difese della costa settentrionale. Era chiaro che i giapponesi erano venuti con una buona dotazione di artiglieria per avere ragione delle fortificazioni in calcestruzzo dell'isola, ma ora il generale Maltby aveva a propria disposizione alcuni giorni per preparare l'isola a sostenere l'attacco finale.
L'isola di Hong-Kong misura circa 14 km in lunghezza e 5 in larghezza. Nella sua parte centrale. essa e attraversata da ovest a est da una catena di ripide alture che inizia con The Peak che domina la città, di Victoria e termina con il monte Parker, alle spalle della cittadina di Shau-ki Van. Questa serie di colline, che non scende mai sotto i 200 metri di altezza e le cui punte pul alte raggiungono i 350-600 metri, era attraversata da una strada, passante attraverso il passo Wiong-nei Chong. Altra strada di una certa importanza era quella che correva lungo tutta la costa dell'isola. Le difese dell'isola consistevano in un sisterna di forti e casematte il cui armamento era costituito da 26 cannoni costieri e 56 mitragliatrici che battevano tutte le spiagge potenzialmente sfruttabili per uno sbarco. Il generale Maltby non aveva ne radar ne ricognitori e, convinto che l'attacco principale potesse ancora giungere dal mare, schierò le sue forze tutt'intorno all'isola. I cannoni costieri erano affidati per l'impiego a un reggimento di soldati indiani lo Hong- Kong and Singapore Royal Artillery, e le casematte al I battaglione del reggimento Middlesex; i sei battaglioni di fanteria erano raggruppati in due brigate: orientale e occidentale. Sulla costa settentrionale erano schierati i due reggimenti indiani Punjab e Rajaputana, mentre le coste meridionali e sudorientali erano difese da due reggimenti canadesi, lo Winnipeg Grenadiers e il Royal Rifles of Canada. Ambedue i reggimenti canadesi erano reduci da un'attività di guarnigione, e nessuno dei due aveva avuto un vero e proprio addestramento operativo. I Royal Scots e le quattro compagnie del corpo volontario per la difesa di Hong-Kong costituivano la riserva delle opere fortificate. Cosa abbastanza strana questa riserva era dislocata nella parte occidentale dell'isola, anziché nel settore nordorientale. Dove più ovvia era la minaccia di un tentativo di invasione. Mentre stavano per iniziare i movimenti per raggiungere le rispettive posizioni, i difensori furono gravemente ostacolati dall'intenso e preciso fuoco dell'artiglieria nemica. Due notti dopo la rilirata sull'isola, i riflettori di Shau-ki Wan individuarono alcune piccole imbarcazioni nel braccio di mare dello stretto di Lei-u Mun. La batteria di cannoni da 152 mm che batteva lo stretto apri il fuoco e, con l'aiuto di alcune mitragliatrici, neutralizzò rapidamente ciò che risultò poi essere un audace attacco da parte di due compagnie di fanteria giapponesi che avevano tentato di sbarcare impiegando battelli di gomma e zattere costruite con bidoni di benzina.
Durante i preparativi di difesa dell'isola, Maltby dovette anche preoccuparsi di quelle che sarebbero state le reazioni della popolazione locale cinese all'assedio. Molti di loro si erano rifugiati a Hong-Kong per sottrarsi alla guerra che stava sconvolgendo la Cina e non avevano quindi alcun motivo per desiderare una vittoria giapponese; ma i giapponesi erano riuscili a reclutare molti cinesi in qualità di guide e di sabotatori. I sabotatori provocarono qualche preoccupazione mettendo in circolazione false voci, appiccando incendi e saccheggiando negozi ed abitazioni — specialmente dopo le incursioni aeree su Victoria. Durante i combattimenti per il possesso dell'isola le associazioni segrete nazionaliste cinesi cooperarono con la polizia per mantenere l'ordine e arrestare i saccheggiatori. I sabotatori cinesi erano abbastanza audaci da attaccare unità mililari isolate e da segnalare ai giapponesi le posizioni inglesi. Il riflettore di Shau-ki Wan, ad esempio, fu attaccato due volte durante il periodo di relativa tranquillità che precedette gli sbarchi giapponesi sull'isola, mentre la presenza di un posto d'osservazione sulla vetta fu tradita per ben tre volte da segnali luminosi diretti a Kowloon. Più grave di tutti questi piccoli fastidi fu il fatto che quasi tutti gli autisti di mezzi militari arruolati in loco disertarono non appena i combattimenti si fecero più vicini.
II 17 dicembre, decimo giorno di guerra i giapponesi inviarono una seconda richiesta di resa. Il governatore rifiutò nuovamente, usando termini ancora più duri della prima volta. Il generale Maltby ed alcuni difensori erano stati un poco incoraggiati da questa seconda richiesta giapponese: poteva trattarsi di un segno di debolezza da parte dei giapponesi, i quali stavano forse cominciando a pensare che uno sbarco sarebbe stato molto difficile e avrebbe comunque comportato un prezzo molto alto. In via alternativa, era possibile che i giapponesi si sentissero minacciati da un esercito cinese che, a quanto si diceva, era in marcia per liberare Hong-Kong dall'assedio. In realtà ambedue queste ipotesi erano infondate, ed i giapponesi continuarono a sottoporre le difese a un bombardamento massiccio, ultimando nello stesso tempo i preparativi per un'invasione su vasta scala. Quasi tutte le casematte e i riflettori situati lungo la costa settentrionale erano ormai inservibili. Il 18 dicembre si videro i giapponesi ammassare truppe e piccole imbarcazioni sulla penisola del Devil's Peak, ed apparve chiaro che ben presto il settore nordorientale sarebbe stato attaccato. Il forte di Sai Wan, una massiccia costruzione in calcestruzzo situata su di un'erta collina dalla quale si dominava lo stretto di Lei-u Mun, fu bombardato in picchiata e messo fuori combattimento e, quella notte stessa, prima che la luna si alzasse, sei battaglioni giapponesi attraversarono non visti la rada su giunche e sampan, sbarcando in sei punti situati tra North Point (capo nord) e lo stretto. Non appena scoperto il tentativo di invasione, i soldati del battaglione Rajaputana opposero un'accanita resistenza, ma alla fine dovettero ripiegare.
All'estremità dello stretto la resistenza fu quasi nulla, tanto che molti soldati inglesi si accorsero per la prima volta dello sbarco nemico quando si sentirono ordinare dai giapponesi di lasciare le loro cuccette. A Lei-u Mun e Sai Wan le guarnigioni furono catturate senza colpo ferire, ma ciô non salvò alcuni prigionieri da una orribile morte. Venti volontari di Hong-Kong fatti prigionieri a Sai Wan furono prima martoriati a colpi di baionetta e poi gettati dall'alto delle mura del forte; due di essi, abbandonati come morti, riuscirono ad allontanarsi strisciando e miracolosamente sopravvissero. La mattina seguente, a Shau-ki Wan, i giapponesi si impadronirono di un posto di pronto soccorso avanzato sistemato nella scuola di una missione salesiana, catturando una ventina di persone, tra personale sanitario, attendenti ed autisti; tutti furono fatti uscire dall'edificio e subilo giustiziati. Due uomini, sebbene gravemente ferili, riuscirono a scampare, sopravvissero alla prigionia e dopo la fine del conflitto poterono testimoniare davanti a un tribunale per i crimini di guerra.
In mezzo alla confusione dei primi rapporti sul tentativo di invasione, gli inglesi tentarono di organizzare alcuni efficaci contrattacchi. Una compagnia del Royal Rifles of Canada fu lanciata contro la collina di Sai Wan, ma nell'oscurilà si smarrì ed suo attacco giunse quindi a segno troppo tardi, e pur riuscendo a raggiungere le mura del forte essa non riusci a penetrarvi. Più a ovest numerose compagnie furono lanciate all'attacco per ricacciare i giapponesi dalla sommità delle colline, ma le diverse azioni non furono sufficientemente coordinate tra loro e non riportarono quindi alcun successo.
La mattina seguente lo sbarco notturno i rapporti che giungevano a Maltby indicavano che i giapponesi si erano già saldamente attestati nel settore nordorientale dell'isola. Sulla costa settentrionale alcuni distaccamenti isolati dal battaglione Rajaputana e di volontari di Hong-Kong continuavano a resistere ma, in sostanza, 5 km di costa e l'entroterra fino alla sommità delle colline erano stati perduti. La perdila pia grave era quella di parte dell'importantissimo passo di Wong-nei Chong, in quanto ciò significava che le forze inglesi stavano correndo il rischio di essere spezzate in due. Il primo giorno dopo lo sbarco fu quello che registrò più duri combattimenti, e si rivelò il momento cruciale dell'assedio dell'isola. Nel corso della mattinata vennero organizzati due attacchi separati per riconquistare il passo di Wong-nei Chong e crinale ad est di esso; ambedue gli attacchi furono condotti con grande energia, ma non ottennero alcun risultato duraturo. A metà della mattina il comando della brigata occidentale, siluato in prossimilà del valico, fu circondato dai giapponesi, e dopo aver avuto un'ultima conversazione telefonica con Maltby il generale di brigata John Lawson si gettò nella mischia rimanendo quasi subito ucciso. Durante il pomeriggio Maltby organizzò un'avanzata generale da ovest verso est avente come obiettivo minimo passo di Wong-nei Chong: due compagnie attaccarono in corrispondenza del valico, ed altre due pia a nord. Ma i giapponesi opposero un'accanita resistenza, e anche se ambedue le parti subirono gravi perdile le posizioni restarono praticamente immutate. Per tutto il recto della giornata e durante la notte seguente gli inglesi continuarono a sferrare un gran numero di attacchi che non si rivelarono però sufficientemente coordinati. Gli attacchi inglesi riuscirono ad arrestare l'avanzata nemica verso ovest, ma verso sud i giapponesi avanzarono facilmente, giungendo ad occupare la sommità delle colline dalle quali potevano minacciare la strada che correva lungo la costa meridionale dell'isola. Entro la mattinata i giapponesi avevano occupato un settore a forma di cuneo, la cui base corrispondeva al tratto di costa settentrionale dove erano avvenuti gli sbarchi e le cui facce laterali esercitavano una continua pressione contro le forze inglesi ormai quasi divise; nei successivi sei giorni il cuneo penetrò sempre più in profondità, costringendo i difensori a ritirarsi sulle penisole Victoria e Stanley. La guarnigione inglese divisa in due. Al crescere della pressione giapponese sulla guarnigione dell'isola, le forze inglesi zate. Il battaglione Rajaputana, i Royal Scots, i Royal Rifles e i Winnipeg Grenadiers avevano subilo gravi perdile; molti dei loro reparti erano stati accerchiati e solo pochi superstiti erano riuscili a raggiungere nuovamente le linee inglesi. L'organizzazione in battaglioni si fece precaria, rendendo indispensabile il ricorso a unità di formazione — ad un certo momento, a difendere la Bennets Hill in prossimità di Aberdeen si trovarono 34 granatieri canadesi, 14 aviatori, 10 marinai e 43 portuali volontari .
Spesso i difensori non smettevano di cornbattere anche quando si erano ormai accorti che le loro postazioni erano indifendibili e la situazione generale ovviamente irreparabile — ma ostinazione ed eroismo non potevano compensare la mancanza di coordinamento. Il 21 dicembre vennero sferrati altri due attacchi per riconquistare il passo di Wong-nei Chong — il primo effettuato da ovest da una compagnia dei Royal Scots, che fu respinto con gravi perdite nel corso della mattinata. Eppure nelle ultimo ore di quello stesso pomeriggio una piccola formazione mobile proveniente da sud giunse assai vicino all'obiettivo; se i due attacchi fossero stati effettuati contemporaneamente, un temporaneo successo sarebbe almeno stato più probabile.
Col passare dei giorni i difensori finirono col trovarsi molto a corto di munizioni e di acqua. La brigata occidentale poteva rifornirsi di munizioni presso il deposito di Liltle Hong-Kong solo di notte, data la vicinanza di truppe giapponesi. L'acqua sempre scarsa a Hong-Kong, persino in tempo di pace; ed i giapponesi si resero perfettamente conto della vulnerabilità, della guarnigione sotto questo aspetto. Entro 22 dicembre quasi tutti i serbatoi erano stati perduti; quelli rimasti in mano inglese ad Aberdeen erano stati resi inutilizzabili, mentre Victoria non aveva alcuna riserva. La mattina di Natale, diciottesimo giorno di guerra, i difensori erano ormai rinchiusi in due settori. Il grosso delle forze era schierato lungo una linea passante attraverso la gola di Wan-chai ed aveva alle sue spalle circa 8 kmq di terreno, mentre i resti della brigata orientate difendevano un fronte di circa 600 metri attraverso la penisola di Stanley. Ambedue i settori avevano subilo attacchi in forze durante la notte, e i difensori erano stati sospinti ancora indietro. Poi, alle ore nove i giapponesi inviarono al generale Caltby due prigionieri inglesi con una bandiera di tregua. Essi riferirono che marciando attraverso l'isola avevano visto un numero elevato di cannoni e soldati nemici, e dissero di ritenere quindi inutile che i difensori continuassero a combattere; il generale Maltby convocò allora il governatore e il consiglio di difesa per esaminare la siluazione. Restavano ormai soltanto 8 cannoni campali, e la guarnigione della penisola di Stanley era completamente isolata; anche i contatti radio erano interrotti. Nonostante ciò, il consiglio di difesa decise che « non si doveva neppure parlare di resa », e il generale Maltby cominciò quindi a pensare ad un ennesimo contrattacco; ma un'ulteriore avanzata giapponese nelle prime ore del pomeriggio gli fece infine cambiare idea. Alle 15.15 egli informò governatore che « ulteriori combattimenti avrebbero significato il massacro dell'intera guarnigione, comportando il rischio di severe rappresaglie sulla numerosa popolazione civile e non potendo minimamente influire sull'esito finale ». Dopo diciotto giorni di lotta, nel Peninsula Hotel sir Mark Young si arrese senza condizioni al tenente generale Taikaishi Sakai.
Circa 4.500 soldati inglesi e indiani erano stati uccisi, mentre altri 6.500 avrebbero poi patito indescrivibili sofferenze nel corso di tre anni e mezzo di prigionia. Si seppe più tardi che i giapponesi avevano perso circa 2.750 uomini.