A partire dalla fine di luglio del 1941 il gruppo di armate di centro aveva tenuto un fronte che si estendeva per più di 800 km da Gluchov al distretto di Toropetz inoltre visto che molte delle sue unità erano state distaccate e destinate ad altri compiti, il gruppo di armate si era trovato di tanto in tanto esposto a efficaci attacchi delle unità russe.
I soldati erano stati impegnati in battaglia fin dal 22 giugno, e da allora era stato possibile accordare loro soltanto brevissime licenze. Le formazioni avevano subito perdite considerevoli sia in uomini che in armi ed equipaggiamento. La capacità di combattimento delle divisioni di fanteria era stata ridotta di un terzo.
Le perdite in uomini non potevano essere rapidamente o completamente compensate a causa della lunghezza e della scarsa efficienza delle linee di comunicazione; per fortuna, il morale non aveva risentito di queste difficoltà. Nelle divisioni motorizzate che avevano sostenuto il peso maggiore dei combattimenti le perdite erano state particolarmente gravi, in special modo per quanto riguardava gli autocarri ed altro materiale della motorizzazione.
Il rifornimento di pezzi di ricambio era insufficiente per la manutenzione; inoltre il grande logoramento era stato provocato dal fatto che intere unità, erano state prestate agli altri gruppi di armate per compiere operazioni secondarie a centinaia di chilometri di distanza dalle loro basi. Era dunque poco probabile che la loro mobilità sarebbe ora stata sufficiente per la nuova operazione che avrebbe dovuto comportare un'avanzata di almeno 500 km.
Il problema dei rifornimenti era stato in una certa misura alleviato dalle linee ferroviarie, che funzionavano efficientemente fino a Gomel, Roslavl, Smolensk e Toropetz. Era vero che la loro capacità era limitata, e che i trasporti automobilistici si erano andati sempre più riducendo, ma i depositi di materiale in prossimità della linea del fronte si erano riempiti. Perché queste riserve fossero sufficienti durante l'avanzata verso Mosca sarebbe stato necessario che questa avanzata rispettasse i piani.
Per quanto riguardava l'ordine di battaglia sovietico, stava apparendo sempre più chiaro che la forza dell'avversario, in uomini e materiali, e le sue doti di resistenza erano state molto sottovalutate. A questo proposito, l'11 agosto 1941 il generale Haider scrisse nel suo diario di guerra:
« Allo scoppio della guerra noi calcolammo che la Russia disponesse di circa 200 divisioni. A tutt'oggi ne abbiamo contate 360. E vero che le loro armi e i loro equipaggiamenti sono inferiori ai nostri, e dal punto di vista tattico sono spesso manovrate in modo inadeguato. E non appena noi ne distruggiamo una dozzina, subito i russi le sostituiscono con una dozzina di divisioni fresche. Inoltre essi guadagnano tempo per il fatto di trovarsi vicini alle fonti di rifornimento, mentre noi ci allontaniamo sempre più dalle nostre ».
I russi era intanto riusciti a ricostituire di fronte al gruppo di armate di centro una linea di difesa compatta e a creare postazioni a « riccio ». Tra Mosca e le linee tedesche essi avevano messo a punto un sistema di difese sviluppate in profondità e scaglionate su più linee. Anche se alcune di queste fortificazioni erano ancora in fase di costruzione, per poter riprendere l'avanzata il gruppo di armate di centro doveva ancora una volta effettuare uno sfondamento su vasta scala.
Sei armate russe, comprendenti 55 divisioni e comandate dal maresciallo Timoscenko (il cui comando avanzato si trovava a Vjaz'ma), erano state individuate a Pocep e Toropetz, concentrate in modo particolare lungo ]'autostrada SmolenskMosca.
Nel settore compreso tra Pocep e Gluchov il generale Eremenko (il cui comando avanzato si trovava a Brjansk) stava costituendo un nuovo fronte con una trentina di divisioni raggruppate in tre armate.
Ancora più indietro, si riteneva che 10-15 divisioni, costituenti la riserva operativa, fossero dislocate nei settori di Kaluga, Vjaz'ma, Gzatzk, Rzev e a ovest di Mosca.
Lo schieramento sovietico nel settore centrale appariva particolarmente concentrato, rispetto a quello che i sovietici avevano rispettivavente a nord e a sud, e ciò aveva confermando la tesi dei comandanti dell'esercito tedesco, secondo i quali avrebbero incontrato il grosso delle forze russe sull'autostrada per Mosca, e che quindi era in quel settore, che si sarebbero decise le sorti della campagna.
L'ordine di battaglia non faceva che confermare il fatto di cui i comandanti dell'esercito erano consapevoli da lungo tempo: l'importanza che i capi sovietici davano ad un attacco sferrato contro la loro capitale.
Per quanto riguardava il piano operativo, l'OKH ed il gruppo di armate di centro erano sostanzialmente d'accordo.
Due formazioni di forze corazzate vennero concentrate sull'uno e sull'altro lato di Smolensk, agli ordini del generale Hoeppner (4º Panzergruppe) e del generale Hoth (3º Panzergruppe)
Una terza formazione (2º Panzergruppe) agli ordini di Guderian venne dislocata, per ragioni di forza maggiore, nel settore di Gluchov. Dal punto di vista strategico, l'attacco del 2º Panzergruppe — da Gluchov via Orel — rappresentava una soluzione di ripiego, dato che esso sarebbe stato più efficace se sferrato più a nord, lungo una direttrice più breve avente come obiettivo Tula — nel settore della 2ª armata.
Ma una simile lenta manovra di « arroccamento » da parte del 2º Panzergruppe, che in quel momento stava spostandosi dietro la linea del fronte provenendo dal settore meridionale, e la conseguente necessità di raggruppare di nuovo la 2ª armata nella zona del suo fianco meridionale, avrebbero certamente imposto un considerevole rinvio della data d'inizio dell'intera offensive.
Data la maggiore distanza che egli avrebbe dovuto coprire in territorio nemico, a Guderian fu dunque accordato un anticipo di due giorni, il che significava che egli avrebbe dovuto partire due giorni prima del resto del fronte per arrivare tempestivamente sul teatro principale della battaglia. La questione dei tempi complicava quindi ulteriormente le cose.
Il 24 settembre il piano dell'operazione fu discusso al comando del gruppo di armate di centro, a Smolensk, dal feldmaresciallo von Bock e dai comandanti delle diverse armate e dei Panzergruppe, alla presenza del comandante supremo dell'esercito Brauchitsch, e del suo capo di stato maggiore generale, generale Haller. Le decisioni raggiunte nel corso di questa riunione furono incluse negli ordini impartiti il 26 settembre ai diversi gruppi di armate.
La 4ª armata di Kluge, con il 4º Panzergruppe, doveva sfondare il fronte nemico sulla linea della strada RoslavlMosca, mentre la 9ª armata (Strauss) doveva sfondare sul lato settentrionale dell'autostrada SmolenskMosca. Le due armate dovevano poi piegare rispettivamente verso nord e verso sud con il grosso delle loro forze per accerchiare il nemico e incontrarsi in prossimità di Vjaz'ma. Altre unità avanzanti in direzione nordest avrebbero difeso le truppe che avevano formato la sacca ed i fianchi di questa da eventuali contrattacchi nemici.
Più a sud, con azione indipendente, la 2ª armata doveva sfondare la linea del fiume Desna a nord di Brjansk ed avanzare in direzione di Suchinici. Attaccando la linea OrelBrjansk, il 2º Panzergruppe doveva aggirare da sud le posizioni russe sulla Desna e, cooperando con i fianchi dei due gruppi attaccanti, contenere e distruggere le forze nemiche intorno a Brjansk. L'obiettivo finale del 2º Panzergruppe sarebbe stato quello di inseguire il nemico in ritirata in direzione di Tula.
Per proteggere i fianchi progressivamente allungantisi sui lati meridionale e settentrionale, le unità dell'ala sinistra del gruppo di armate sud dovevano avanzare in direzione di Obojan, mentre quelle dell'ala destra del gruppo di armate nord dovevano spingersi verso i laghi della zona di Ostaskov. L'intera operazione ricevette il nome convenzionale di « Tifone ».
Le forze a disposizione del gruppo di armate di centro consistevano in 44 divisioni di fanteria, 14 Panzerdivisionen, 8 divisioni di fanteria motorizzata ed una divisione di cavalleria. A sei divisioni fu affidato il compito di rastrellare le retrovie.
All'operazione furono assegnati il II e l'VIII Fliegerkorps della 2ª Luftflotte (feldmaresciallo Kesselring), aventi come compito principale quello di distruggere l'aviazione sovietica e appoggiare in tutti i modi possibili le forze di terra e specialmente i Panzergruppe.
Vari contrattempi e ritardi connessi al trasporto e al raggruppamento di unità provenienti da notevoli distanze posero Bock di fronte al seguente dilemma: rimandare la data dell'offensiva o attaccare prima che tutte le sue truppe fossero pronte. Egli decise infine di scegliere una data che fosse la più vicina possibile e nello stesso tempo comportasse il minimo rischio: il 27 settembre stabilì che il 2º Panzergruppe avrebbe attaccato il 30 settembre, mentre l'offensiva generale sarebbe scattata il 2 ottobre.
Nonostante tutti i rimproveri di Hitler ed i suoi vani sforzi per anticipare questa offensiva l'alto comando dell'esercito ed il gruppo di armate di centro fecero tutto il possibile per garantire il successo dell'operazione.
Anch'essi erano perfettamente consapevoli che quella che si preparavano ad affrontare era più che mai una corsa contro il tempo e che il successo sarebbe dipeso dal fatto che le condizioni atmosferiche consentissero uno svolgimento ininterrotto delle operazioni fino alla meta ultima.
Avrebbe dovuto essere un'avanzata ininterrotta da Smolensk a Mosca.
Favorita da uno splendido sole, l'offensiva ebbe inizio secondo i piani, infliggendo ai russi una sorpresa tattica. Il 7 ottobre, dopo un violento scontro, le unità avanzate del 4º e del 3º Panzergruppe chiusero l'accerchiamento intorno al grosso di sei armate sovietiche (30ª, 19ª, 29ª ,24ª, 43ª e 32ª) nel settore di Vjaz'ma. Nello stesso tempo, più a sud, il 2º Panzergruppe avanzò verso Orel, distaccando alcune sue unità verso Brjansk, che cadde il 6 ottobre. Quando, il 9, venne effettuato il ricongiungimento con la 2ª armata, altre due armate sovietiche (la 3ª e la 13ª) furono circondate a sud della città, mentre a nord iniziava l'accerchiamento della 50ª.
Mentre altre unità annientavano le unità intrappolate nelle sacche, i fianchi della 2ª e della 4ª armata si gettarono in avanti attraverso l'ampia breccia così creata puntando su Suchinici e Juchnov, mentre la 9ª armata si assicurava la possibilità di una agevole avanzata verso Rzev.
Per non perdere tempo e non dare al nemico la possibilità di realizzare una nuova linea difensiva, il comando tedesco impegnò tutte le truppe che fu possibile sottrarre al compito di rastrellamento delle sacche in un veloce inseguimento delle unità che, battute, stavano ritirandosi verso Mosca. Dopo aver conferito con il comandante supremo, il 7 ottobre Bock impartì nuovi ordini. Alla 2ª Panzerarmee (un termine di nuovo conio) fu assegnata come prossimo obiettivo la città di Tula; essa doveva avanzare su di un ampio fronte lungo il fiume Moscova, fino a raggiungere i sobborghi meridionali di Mosca. L'ala destra della 4ª armata doveva avanzare lungo la direttrice KalugaMedyn, il 4º Panzergruppe verso i ponti sul fiume Protva a Malojaroslavetz e Borovsk e lungo l'autostrada verso Mozajsk, dove avrebbe dovuto rapidamente liberarsi delle difese nemiche che si ritenevano presenti nella zona. Le unità mobili ancora impegnate nel rastrellamento delle sacche dovevano essere sostituite da divisioni di fanteria, in modo da essere disponibili il più presto possibile.
Per la 9ª armata (comprendente il 3º Panzergruppe), Brauchitsch progettò un'avanzata obliqua lungo la direttrice GzatzkRzev in direzione di Kalinin; tale operazione avrebbe dovuto neutralizzare la pressione che il nemico stava esercitando sui fianchi dei gruppi di armate di centro e nord. Bock, invece, avrebbe preferito effettuare una rapida avanzata su Mosca con tutte le forze mobili disponibili, compreso il 3º Panzergruppe, che egli voleva lanciare il più celermente possibile lungo la direttrice più breve nel varco aperto tra Mosca e la diga sul Volga, limitando alla 9ª armata la cooperazione con il gruppo di armate nord. Pur facendo rilevare che un'immediata minaccia su Mosca avrebbe automaticamente ridotto la pressione nemica sul fianco settentrionale, Bock finì con l'accettare le direttive di Brauchitsch. Il compito della 2ª armata era dunque quello di sostituire le unità mobili della 2ª Panzerarmee a Brjansk, di rastrellare, da sola e nel più breve tempo possibile, quel settore, ed infine gettarsi all'inseguimento del nemico sulla direttrice TulaKaluga.
Ma proprio quando stava per iniziare l'inseguimento del nemico, battuto su di un ampio fronte, le condizioni atmosferiche peggiorarono improvvisamente: 1'8 ottobre cominciò a cadere una pioggia torrenziale che dissestò le strade e ostacolò ogni movimento. Non era quindi più neppure il caso di pensare ad un inseguimento che avrebbe precluso al nemico ogni possibilità di riposare e di riprendersi.
Verso la metà del mese l'ala destra della 4ª armata aveva raggiunto soltanto la zona a est di Kaluga e la sua ala sinistra la linea BorovskMozajsk, mentre la 9ª armata aveva raggiunto il Volga in prossimità di Kalinin e Rzév. Comunque, a partire dal 2 ottobre erano stati coperti i due terzi della distanza che separava da Mosca, e la sporadica resistenza nemica era stata rapidamente infranta.
Un periodo di tempo buono come quello che aveva accompagnato l'inizio dell'operazione avrebbe consentito ai tedeschi di portare le loro formazioni, a ranghi pressoché completi, fin sotto le porte di Mosca. Ci fermarono le condizioni atmosferiche e non i russi.
Più critica era la situazione sull'ala destra dove il grosso delle forze di Guderian era impegnato nei combattimenti che si stavano svolgendo su ambedue i lati della sacca di Brjansk, cosicché egli non poteva dedicare tutte le sue energie al vero obiettivo l'avanzata su Tula. Anch'egli fu fermato dalle condizioni atmosferiche avverse, dalla carenza di carburante e da altre difficoltà connesse ai rifornimenti. Anche la resistenza opposta da una brigata corazzata sovietica da poco giunta sul fronte si dimostrava irriducibile, tanto che verso la metà del mese le punte avanzate della nostra Panzerarmee, ormai indebolite, non erano riuscite a spingersi al di là di Mtzensk.
L'annientamento delle forze russe intrappolate nella sacca di Brjansk durò fino al 20 ottobre, e grazie al tentativo di economizzare nell'impiego di truppe, moltissimi furono i soldati russi che riuscirono a rifugiarsi nelle foreste da dove più tardi, come partigiani, avrebbero messo in serio pericolo le direttrici di rifornimento tedesche. I combattimenti intorno a Vjaz'ma si conclusero invece il 14 ottobre con un completo successo.
La grande vittoria riportata nella prima fase dell'offensiva fu annunciata da Bock il 19 ottobre, quando egli comunicò che a seguito della duplice vittoria di Vjaz'maBrjansk avevamo catturato 673.000 prigionieri, 1.242 carri armati e 5.412 cannoni dei più diversi tipi.
La distruzione di otto armate sovietiche comprendenti 86 divisioni (13 delle quali corazzate) potrebbe certamente essere considerata la più grave disfatta subita dai sovietici in questa campagna.
Incoraggiato dalla vittoria di Vjaz'ma, che rendeva disponibili per ulteriori operazioni tutte le unità della 4ª e della 9ª armata e sperando ardentemente che il tempo avrebbe quanto prima accordato un breve periodo di gelo moderato sufficiente a consolidare il fondo delle strade e a dare quindi maggiore libertà di movimento, il 14 ottobre l'OKH impartì nuovi ordini:
Mosca doveva essere attaccata dalla 2ª Panzerarmee a sud e a est, dalla 4ª armata e dal 4º Panzergruppe a ovest e a nord.
Questo obiettivo si accordava con il piano di Bock; ma non altrettanto si poteva dire del fatto che negli ordini si continuasse a parlare di cooperazione tra i fianchi dei gruppi di armate nord e di centro al fine di operare uno spostamento verso VisniVolocek, dato che questa offensiva mirava ad alleggerire la crescente pressione esercitata dal nemico in un settore che, per quanto problematico, non si poteva certo definire cruciale e in effetti Bock riteneva che la manovra proposta comportasse una pericolosa dispersione delle sue forze. Tenendo conto di tutti gli elementi della situazione, egli pensava che sarebbe stato molto più opportuno impiegare il 3º Panzergruppe per rafforzare il suo schieramento davanti a Mosca, lasciando alla sola 9ª armata il compito di difendere il suo fianco settentrionale.
Egli era anche preoccupato per la sorte del suo fianco meridionale, dove stava aprendosi un varco tra il fianco settentrionale del gruppo di armate sud (in prossimità di Belgorod) e il fianco della 2ª armata, che stava perdendo terreno. Una formazione nemica che fosse riuscita a penetrare in questo varco si sarebbe assicurata nuovamente una notevole libertà di movimento ed avrebbe quindi potuto costituire un grave pericolo e anche se i sovietici sembravano tranquilli, non sarebbe passato molto tempo prima che essi si accorgessero della favorevole occasione e la sfruttassero in modo adeguato.
Sul fianco meridionale venne quindi effettuato un raggruppamento di unità, le truppe della 2ª armata rese disponibili a Brjansk furono trasferite alla 2ª Panzerarmee e la 2ª armata assunse il comando di quelle truppe della 2ª Panzerarmee lasciate indietro a sud di Orél, con l'ordine di avanzare lungo la direttrice KurskEletz per proteggere il fianco meridionale.
Contemporaneamente a questi ordini dell'OKH giunse un ordine di Hitler che disponeva che la « capitolazione di Mosca era inaccettabile, in qualunque forma e persino se offerta volontariamente dall'altra parte ». L'accerchiamento non avrebbe quindi dovuto essere completo: si dovevano lasciare aperti piccoli varchi attraverso i quali la popolazione civile potesse fuggire, in quanto Hitler riteneva che gli evacuati non avrebbero fatto altro che accrescere la situazione di caos e di panico nelle regioni più interne della Russia. Una cosa è certa: per i sovietici il peggioramento delle condizioni atmosferiche fu un vero regalo. Alla fine del 1941 il tempo era dalla loro parte, e ancora una volta essi stavano rimettendosi in moto, anche se soltanto su base locale ed in contrattacchi come quelli di Mtzensk, Kaluga e, ora, Kalinin.
A Mosca, comunque, le speranze di un possibile miglioramento della situazione erano assai scarse: il 16 ottobre il governo sovietico e i corpi diplomatici vennero evacuati a Kujbysev, sul Volga, Stalin rimase però al Cremlino, e il 19 ottobre proclamò lo stato d'assedio. In complesso un milione di persone lasciò la città; i lavoratori vennero riuniti in grandi squadre e messi al lavoro per trasformare Mosca in una fortezza.
Invece di portare il tanto sperato gelo, la seconda metà di ottobre si rivelò una « stagione del fango » per eccellenza. Le difficoltà che essa creò alle truppe combattenti, sorprendendo tutti e superando le più pessimistiche previsioni, furono davvero disastrose.
Ovunque le divisioni stavano combattendo a centinaia di chilometri di distanza. Le unità di prima linea erano improvvisate, e molte di esse erano sprovviste di cannoni controcarro capaci di neutralizzare i T34 sovietici che apparivano sempre più numerosi.
I veicoli inviati in ricognizione non riuscivano a tornare al loro comando, con la conseguenza che le comunicazioni erano interrotte, le unità restavano disorientate o addirittura si disperdevano per mancanza di controllo, ed era impossibile inoltre esercitare una adeguata guida tattica e strategica.
Il sopraggiungere di quel freddo inverno portò grandi sofferenze per i soldati. Più e più volte gli ufficiali in prima linea richiesero divise invernali ed indumenti protettivi per i loro uomini, ma anche quando questo tipo di equipaggiamento era disponibile non esistevano mezzi per trasportarlo dai depositi delle retrovie al fronte, perché le ferrovie e le autocolonne di rifornimento avevano già serie difficoltà per fronteggiare le sole richieste di munizioni e di carburante.
Il russi, al contrario, conosceva molto bene le caratteristiche meteorologiche della loro terra, erano preparati ed equipaggiati per farvi fronte. Non avevano linee di rifornimento che corressero il rischio di essere interrotte, e le loro fonti di approvvigionamento erano vicine al fronte. Erano più mobili di quanto lo fossero i tedeschi. Disponevano di catene antifango, e i loro carri armati erano più adatti ad operare su terreno vario.
Dapprima i sovietici si accontentarono di operazioni su scala ridotta, mirando semplicemente ad arrestare o rallentare la marcia delle ormai indebolite unità avanzate tedesche, impiegando ostacoli anticarro o altri stratagemmi improvvisati in attesa che da nord, da sud e da est, arrivassero rinforzi.
Combattendo non meno contro la natura che contro il nemico, il fronte della 4ª armata raggiunse lentamente e faticosamente il fiume Oka, a nord di Aleksin, il fiume Nara sopra Serpuchov e la linea NaroFominskVolokolamsk. Anche la 9ª armata, dopo duri combattimenti intorno a Kalinin, perno delle difese sovietiche, riuscì a formare un fronte difensivo a nord di Rzev e a ricongiungersi in prossimità di Ostaskov con l'ala meridionale del gruppo di armate nord. I1 25 ottobre Bock scrisse nel suo diario:
« La resistenza sul fronte della 4ª armata. si sta facendo più dura. Il nemico ha portato sul fronte forze fresche provenienti dalla Siberia e dal Caucaso e sta effettuando contrattacchi su ambedue i lati delle strade che da Mosca si dirigono verso sudovest. La metà meridionale della 4ª armata, tuttora priva di buona parte della sua artiglieria a causa della impraticabilità delle strade, è costretta a tenersi sulla difensiva. Sul fianco settentrionale dell'armata, l'ala sinistra del 4º Panzergruppe sta realizzando qualche progresso in direzione di Volokolamsk... in prossimità di Kalinin si registrano nuovi e violenti attacchi da parte dei russi, che sul lato occidentale della città stanno premendo in direzione sudest al di qua del Volga. Ma se si ragiona in termini generali, tutto ciò non significa niente. Sono la dispersione del gruppo di armate, le spaventose condizioni atmosferiche che ci hanno portato ad un punto morto. I russi stanno guadagnando tempo per ricostituire le divisioni disperse e potenziare le linee difensive, e sono loro che controllano le ferrovie e le strade che fanno capo a Mosca. È davvero una brutta situazione », finalmente, il 24 ottobre, la 2ª Panzerarmee si rimise in movimento, da Mtzensk.
Le memorie di Guderian dicono a questo proposito: La sola strada esistente tra Orél e Tula e sulla quale si doveva effettuare questa manovra era del tutto inadatta a sopportare un traffico pesante, e dopo pochi giorni fu del tutto intransitabile. Inoltre i russi, maestri nella strategia della terra bruciata, nel corso della ritirata avevano fatto saltare tutti i ponti; in alcuni punti avevano sistemato grandi campi minati su ambedue i lati della strada. Si dovettero praticamente lastricare chilometri e chilometri di strade con tronchi d'albero per spostare avanti quegli scarsi rinforzi ed approvvigionamenti che erano disponibili. La nostra capacità combattiva dipendeva meno dal numero di soldati e dalla quantità di mezzi corazzati disponibili che non dalla possibilità di rifornire questi ultimi di carburante. Quasi tutti i carri armati ancora utilizzabili vennero quindi riuniti per formare, con il reggimento di fanteria Gross Deutschland nel frattempo sopraggiunto, un'avanguardia che si mise finalmente in moto verso Tula ».
Il 30 ottobre questa formazione avanzata si avvicinò al suo primo obiettivo, Tula, ma non riuscì a conquistare la città. Pressappoco in quello stesso momento il fianco orientale della 2ª Panzerarmee era seriamente impegnato, avendo dovuto improvvisamente fronteggiare un attacco della cavalleria nemica; ma quando sopraggiunse la nostra riserva il nemico fu ricacciato indietro a Teploe, dopo una battaglia durata parecchi giorni. I movimenti di mezzi da trasporto nemici lasciavano però intendere che ulteriori attacchi erano imminenti, cosicché questa parte del fronte di battaglia, con la debole 2ª armata che ancora più a sud avanzava in modo estremamente lento e faticoso, continuò ad essere sotto pressione. La sua ala destra aveva intanto raggiunto Kursk, e la sua ala sinistra stava puntando su Efremov; ma il congiungimento con l'ala settentrionale del gruppo di armate sud si dimostrò impossibile, in quanto quest'ultima era stata bloccata a Belgorod. Il feldmaresciallo von Reichenau (6ª armata) non intendeva attraversare il fiume Donetz prima di aver completato il concentramento delle sue divisioni ed essersi assicurato i necessari rifornimenti.
All'inizio di novembre i comandanti dell'esercito tedesco si trovarono a dover scegliere tra due alternative: continuare l'offensiva o abbandonarla quando ormai la meta era così vicina?
Ancor prima dell'inizio dell'offensiva contro Mosca, inizio che con le sue fatali interferenze Hitler aveva tanto ritardato, l'OKH e il gruppo di armate di centro si erano resi perfettamente conto che sulla via di Mosca non ci si sarebbe potuti permettere alcuna sosta intermedia: o si occupava Mosca, raggiungendo una linea che avrebbe consentito di resistere all'inverno russo, o il fronte doveva essere ritirato sulle posizioni in cui esso si trovava il 2 ottobre, posizioni meglio attrezzate e già parzialmente fortificate. Quanto più ci fossimo avvicinati a Mosca, tanto più esposta sarebbe stata la situazione tedesca, dato che il nemico, non ancora vinto, sarebbe venuto a trovarsi in una posizione ideale per scatenare una controffensiva.
Poi, all'inizio di novembre, la temperatura scese finalmente sotto lo zero, rassodando il fondo delle strade e consentendo ai trasporti una maggiore mobilità. Si procedette allora ad una valutazione della capacità combattiva delle forze tedesche, giungendo alla conclusione che almeno dal punto di vista numerico la situazione era migliore di quanto ci si sarebbe potuto aspettare dopo quella terribile « stagione del fango ».
Naturalmente l'entità delle nostre forze era diminuita, ma le divisioni di fanteria (la grande maggioranza) avevano ancora il 65% dei loro effettivi iniziali anche se la fanteria delle Panzerdivision era ridotta al 50% e il numero di carri armati al 35%.
Più grave era però il fatto che il morale delle truppe era uscito alquanto scosso da quella dura prova. La resistenza sovietica stava diventando più accanita, mentre, grazie all'arrivo di truppe fresche dalla Siberia e dal Caucaso, l'intensità dei contrattacchi stava aumentando. intorno a Mosca ed all'interno della stessa città si stava febbrilmente costruendo un sistema di difese, e, per riempire i vuoti aperti sul fronte e nelle retrovie, con la popolazione civile di Mosca si stavano costituendo numerosissime unità militari improvvisate. Ogni cosa dimostrava che i russi erano pronti a difendere Mosca fino all'ultimo respiro.
Nonostante tutti i dubbi e tutte le difficoltà, gli ufficiali superiori condividevano le tesi di Bock in merito all'opportunità di riprendere l'offensiva non appena le divisioni e specialmente l'artiglieria fossero state raggruppate e le linee ferroviarie sistemate in modo da assicurare l'arrivo dì rifornimenti adeguati. I capi erano fiduciosi che, sebbene quasi esauste, le truppe avrebbero ancora una volta dato il meglio di se stesse, purché avessero continuato a sentirsi superiori all'avversario. Una volta attaccata Mosca, il pericolo per i fianchi tedeschi esposti sarebbe diminuito — sempre che l'ultimo atto del dramma si concludesse prima dell'arrivo delle temute nevi invernali. Bock — che era sempre stato favorevole all'idea di un unico attacco concentrato su Mosca — e i generali dell'esercito si convinsero che quest'ultima possibilità di godere di una certa libertà di mano e come incoraggiamento a un rinnovato spirito d'iniziativa in patria. Inoltre nessuno da parte tedesca aveva il benché minimo dubbio sul fatto che per Hitler qualsiasi esitazione in merito a questa impennata finale o, in via alternativa, l'idea di una possibile ritirata su Smolensk erano assolutamente fuori discussione. Infine, non fu solo una assennata valutazione della situazione, ma anche la preoccupazione per l'incolumità di un fronte così vicino alla capitale sovietica, l'elemento che contribuì a farli decidere. Il nuovo piano tedesco contemplava obiettivi meno lontani: a nord, il canale di Mosca; a sud, il fiume Moscova — obiettivi limitati per i quali le riserve di materiali disponibili sarebbero durate fino alla metà del mese. La 2ª Panzerarmee, simulando un attacco contro Tula, doveva innanzi tutto occupare Kolomna sulla Moscova; essa avrebbe inoltre dovuto provvedere a proteggere il suo fianco minacciato a est con i suoi soli mezzi, dato che la 2ª armata si trovava ancora troppo indietro, ed era comunque troppo debole per assumersi un compito di quel genere.
La 4ª armata doveva sferrare un attacco frontale, ma poiché in precedenza essa era stata costretta a tenersi sulla difensiva da vigorosi contrattacchi nemici, solo la sua ala settentrionale, con il 4º Panzergruppe — e in collaborazione con il 3º Panzergruppe — si sarebbe spinta fino al canale di Mosca.
La 9ª armata doveva proteggere il suo fianco destro, e con la sua ala destra avanzare fino alla diga del Volga, a sudest di Kalinin.
Una volta raggiunti questi obiettivi si sarebbero fatti ulteriori passi per completare l'accerchiamento di Mosca. Le date per gli attacchi sarebbero state rispettivamente il 15 novembre per la 9ª armata e il 3º Panzergruppe, e il 17 novembre per il 4º Panzergruppe e la 2ª Panzerarmee.
L'offensiva ebbe inizio conformemente al piano, in un'atmosfera limpida e gelida; ma subito dopo i primi successi il termometro precipitò a 20ºC, e così l'improvviso inizio di un durissimo inverno paralizzò uomini e animali, bloccando l'offensiva. La battaglia si ridusse a scontri locali con un nemico che fronteggiava gli attacchi tedeschi con truppe fresche, e l'offensiva si trasformò in una avanzata metro per metro. Delle 34 divisioni fresche fatte affluire dalla Siberia, 21 fronteggiano il gruppo di armate di centro » scrisse il 18 novembre Bock nel suo diario. L'aviazione sovietica, intanto, che operava dalle vicine basi, si dimostrò ancora una volta molto attiva, mentre la Luftwaffe, il cui appoggio sarebbe stato così disperatamente necessario in quel momento di crisi, sembrava come paralizzata dal freddo e dalla carenza di carburante. Ormai si registravano temperature di 30º C, ed il morale delle truppe tedesche scendeva con una rapidità allarmante: il freddo aprì nelle loro file varchi più grandi di quelli provocati dal fuoco nemico.
Comunque nonostante tutto entro la fine di novembre l'ala destra della 9ª armata aveva raggiunto il Volga tra Kalìnin e la diga, mentre il 3º Panzergruppe, avanzando lungo le direttrici di Klin e Istra, aveva raggiunto il canale di Mosca a sud di Dmitrov. Il 27 novembre la 2ª Panzerdivision era a soli 30 km da Mosca. Il 29 novembre la 7ª Panzerdivision riuscì a stabilire una testa di ponte al di là del Volga, a sud di Dmitrov; ma, contrattaccata di fronte e sui fianchi, non poté progredire ulteriormente. Il prescritto movimento aggirante verso sud, in direzione di Mosca, dovette essere abbandonato, mentre nel frattempo la 4ª armata era impegnata a fondo in combattimenti difensivi e non poteva assolutamente prendere parte all'attacco previsto dai piani.
Sull'ala meridionale la 2ª Panzerarmee, impegnata in un attacco che finì con il portarla sulla linea GorlovoMichajlov, dovette innanzi tutto preoccuparsi di proteggere il suo fianco orientale. Tutto ciò che restava per un attacco verso nord era la 17ª Panzerdivision, la quale il 25 novembre riuscì ad aprirsi la via fino a Kasira. Qui essa rimase per due giorni, attaccata da ogni lato, finché il 27 novembre Guderian chiese aiuto, sotto forma di un attacco della 4ª armata attraverso il fiume Oka. Non potendo soddisfare la sua richiesta, il gruppo di armate gli ordinò di sospendere l'attacco verso nord e di consolidare invece le posizioni sul suo fianco occidentale, in prossimità di Tula. Nel frattempo la 2ª armata era avanzata, incontrando soltanto una lieve resistenza, fino alla linea TimEletzEfremov.
Queste posizioni segnavano i limiti del possibile.
Tutto ciò significava che l'offensiva di Mosca si era conclusa in un chiaro fallimento, ed i comandanti militari dovettero ammetterlo. Bock, che si era reso conto della gravità della situazione negli ultimi giorni di novembre, cominciò ad impegnarsi con tutte le sue energie nel tentativo di convincere I'OKH che l'offensiva aveva ormai perso ogni significato, e che proseguirla avrebbe comportato il rischio di perdere tutte le forze impegnate. Il 29 novembre egli comunicò al capo dello stato maggiore generale: « Se non riusciremo a far crollare il fronte nordoccidentale di Mosca entro pochi giorni, l'offensiva dovrà essere abbandonata. Essa non porterebbe ad altro che ad un assurdo scontro frontale con un nemico che a quanto pare dispone ancora di ingenti riserve di uomini e materiali ».
Il 1º dicembre, poi, riferì per iscritto all'OKH: « Dopo ulteriori sanguinose battaglie l'offensiva ci assicurerebbe solo limitati progressi sul terreno, distruggendo solo parte delle forze nemiche; ma è estremamente improbabile che essa possa tradursi in un successo strategico. L'idea che il nemico di fronte al gruppo di armate fosse sul punto di crollare era, come hanno ampiamente dimostrato i combattimenti delle ultime due settimane, una pia illusione. Restare alle porte di Mosca, il cui sistema ferroviario e stradale la collega con quasi tutte le regioni orientali della Russia, significherebbe sobbarcarci una dura lotta difensiva contro un nemico numericamente molto superiore. Un'ulteriore azione offensiva appare assurda e senza scopo, specialmente tenendo conto che si sta avvicinando sempre più il momento in cui i soldati saranno esausti ».
Dovettero passare altri giorni, caratterizzati da avvenimenti come quelli del 4 e 5 dicembre, prima che l'alto comando si convincesse che ogni ulteriore offensiva nel 1941 non avrebbe avuto alcuna speranza di successo. Il 5 dicembre, finalmente, esso approvò la proposta di Bock di ritirare il 3º ed il 4º Panzergruppe dalle loro posizioni avanzate innanzi tutto sulla linea IstraKlin, e la 2ª Panzerarmee dietro il Don ed il settore di Ciat. La 4ª e la 9ª armata erano già attestate in posizioni difensive.
Resosi conto della situazione, il comando sovietico sfruttò immediatamente il successo riportato. Esso sferrò un contrattacco che colpì il gruppo di armate di centro nel suo momento di maggior debolezza, quando le sue 67 divisioni erano schierate in linea su di un fronte di circa 1.000 km, senza riserve, in salienti esposti e senza tempo sufficiente per raggrupparsi.
Nessuno poteva ormai farsi alcuna illusione sull'entità dei pericoli provocati dal fallimento dell'offensiva tedesca contro Mosca. Non si poteva ancora sapere in qual modo i soldati avrebbero sopportato queste conseguenze. Solo Hitler esitava ancora, e fu necessaria tutta la forza di persuasione dei comandanti militari, tanto di quelli dello stato maggiore quanto di quelli che operavano sul campo, per indurlo a impartire, 1'8 dicembre, la « Direttiva n. 39 », che approvava il passaggio ad una difesa « su fronti che consentissero di risparmiare energie e che sarebbero stati determinati dal comandante supremo dell'esercito ».
Tanto moralmente che fisicamente i feldmarescialli von Brauchitsch e von Bock erano uomini distrutti, e poco dopo furono esonerati dai loro incarichi.
Se fossero stati adottati i piani predisposti dai capi militari, l'offensiva tedesca contro Mosca sarebbe stata lanciata all'inizio di settembre, al più tardi quattro settimane prima di quanto poi avvenne. Essa sarebbe stata effettuata nel periodo più favorevole dell'anno e non avrebbe dovuto fare i conti con la « stagione del fango »; le condizioni in cui si sarebbero effettuati i movimenti e i combattimenti sarebbero state assai più propizie di quanto si rivelarono un mese dopo. Tutte queste considerazioni erano state esposte a Hitler, con chiarezza e tempestività, dai comandanti militari, non sono frutto del « senno di poi ».
Se qualcuno nutre ancora dei dubbi in merito al probabile successo che avrebbe coronato l'offensiva qualora essa fosse stata svolta secondo gli schemi suggeriti dai comandanti militari, egli dovrebbe tenere presente che il tempo necessario per un'avanzata di 500 km fino a Mosca era probabilmente solo di poco superiore a quello impiegato nella prima fase della campagna per coprire 800 km, circa 4 settimane. Si deve ricordare che, nelle condizioni in cui essa fu effettuata (e cioè nonostante il fango) entro la fine di ottobre l'offensiva giunse a pochi giorni di marcia da Mosca. È evidente che se l'operazione fosse stata iniziata con un buon anticipo la sua seconda fase si sarebbe conclusa con l'occupazione di Mosca e quindi di comodi quartieri d'inverno per la Wehrmacht.
È vero che anche in quel caso un contrattacco da parte dei russi sarebbe stato possibile, ma si sarebbe svolto in condizioni per loro assai meno favorevoli, mentre i tedeschi avrebbero potuto fronteggiarlo da posizioni difensive accuratamente predisposte. Certo assai più agevole sarebbe stata la soluzione del problema dei rifornimenti.