L'avanzata su CHARKOV
Entro la fine di settembre la battaglia per l'Ucraina occidentale era terminata. I resti di quattro armate sovietiche si erano aperti un varco nell'accerchiamento tedesco, ed erano stati fusi con altre unità per costituire, almeno sulla carta, nuove divisioni e nuove armate.
Ma anche i tedeschi, erano stremati. Guderian, il cui 2° Panzergruppe aveva chiuso la trappola numerose armate sovietiche, andò a riprendere quell'offensiva su Mosca che per tutta l'estate aveva sollecitato nonostante l'opposizìone di Hitler e dell'alto comando tedesco. In Ucraina restarono così soltanto il 1° Panzergruppe di Kleist, ormai ridotto a circa 300 carri armati da tre mesi di duri combattimenti e marce su strade in pessime condizioni, le tre armate di fanteria tedesche (6ª, 11ª e 17ª), le due armate romene (3ª e 4ª), il corpo d'armata ungherese, le tre divisioni del corpo di spedizione italiano (CSIR) e la divisione leggera slovacca.
Anche se il loro morale continuava ad essere alto, le truppe del gruppo di armate sud avevano incassato alcuni duri colpi nell'espletamento della prima parte del compito loro affidato: la conquista dell'" Ucraina della riva sinistra ". Stavano cominciando a cadere le prime piogge autunnali, e la seconda parte del loro compito, l'occupazione dell'area industriale dell'Ucraina orientale, era ancora da iniziare. Agli occhi dei soldati russi la situazione appariva ancor meno allegra. L'area dalla quale dovevano tenere lontani i tedeschi era dì importanza vitale per l'Unione Sovietica. Essa produceva il 60 % del carbone sovietico, il 30 % del ferro ed il 20 % dell'acciaio. In Ucraina si trovavano i 3/4 degli impianti idroelettrici del paese, i 2/3 degli stabilimenti che fabbricavano prodotti chimici necessari per lo sforzo bellico sovietico, i 3/5 della rete ferroviaria.
Infine, attraverso la sua estremità orientale si snodava la principale direttrìce di distribuzìone del petrolio proveniente dal Caucaso. La caduta dell'Ucraina orientale in mano tedesca avrebbe senz'altro potuto ridurre gravemente, per i russi, la possìbilità di potenzìare ed equipaggiare l'Armata rossa per l'immínente inverno, isolare il Caucaso e rendere più persuasivi gli argomenti con cui la Germania tentava di allettare e convincere la Turchia ad entrare in guerra. Per i russi era indispensabile guadagnare tempo, altrimenti la loro potenziale posizione di vantaggio come numero di braccia non si sarebbe mai tradotta in pratica: tempo per evacuare glì stabilimenti dalle zone di cui non sì poteva mantenere il possesso e tempo per distruggere tutto ciò che non si poteva trasportare.
Da opporre alle sei armate tedesche e romene del gruppo di armate sud (cui si aggiungevano il contingente ungherese, italiano e slovacco, equivalenti in complesso ad un'altra armata), il comandante del fronte sud occidentale sovietico, maresciallo Timoscenko, aveva sette armate. Fino al 16 ottobre, una delle armate romene (la 4ª), fu impegnata nell'assedio di Odessa e dalla fine di settembre una delle armate tedesche (la 11ª) fu impegnata nell'invasione della Crimea (dove venne raggiunta dalla 4ª armata romena dopo che i sovietici ebbero evacuato Odessa).
Sette armate sovietiche contro cinque dell'Asse, ma queste cifre non esprimevano affatto la sostanza della situazione. A ranghi completi un'armata sovietica era molto più piccola della sua avversaria tedesca, e le armate russe erano tutt'altro che a ranghi completi.
L'Armata rossa aveva subito un duro colpo, perdendo tra l'altro gran parte dei suoi quadri più esperti. Al fine di creare formazioni più facilmente manovrabili da parte dei molti inesperti comandanti di grado intermedio, le dimensioni delle divisioni di fanteria furono ridotte e i corpi d'armata meccanizzati ripartiti in brigate corazzate. Nello stato forse più pietoso si trovava l'artiglieria, i russi l'avevano sempre tenuta in gran conto, tanto che ogni divisione di fanteria comprendeva due reggimenti di artiglieria.
L'Armata rossa era così a corto di artiglieria che il più grande esperto del settore, il maresciallo di artiglieria Voronov, poté creare una riserva di artiglieria dell'alto comando solo dopo aver convinto Stalin ad autorizzare la rimozione da ciascuna divisione di fanteria dì uno dei suoi reggimenti di artiglieria. A lungo andare ciò avrebbe consentito un ineguagliabile impiego a massa dell'artiglieria.
Lo STAVKA non poteva più accantonare uomini da lanciare in controffensive difatti era seriamente impegnato al centro, dove si aspettava da un giorno all'altro l'offensiva tedesca contro Mosca. Il fronte meridionale aveva già ricevuto l'ordine di limitare la propria attivìtà ad una difesa decisa, ed il 27 settembre lo stesso ordine raggiunse il fronte sud occidentale. Nello stesso tempo, un gruppo di ufficiali superiori ricevette l'incarico di predisporre una cintura di fortificazioni sulle direttrici di accesso a Charkov e al bacino del Don.
Il piano tedesco era semplice, il l° Panzergruppe doveva lanciarsi fuori dalla testa di ponte sui fiumi Dnepr e Samara,tra Dnepropetrovsk e Stalinogorsk e puntare a sud, verso la costa del Mare d'Azov, muovendosi alle spalle delle tre armate sovietiche (9ª, 12ª e 18ª) che costituivano il fronte merídionale.
Per una formazione di questa entità si trattava di un piano ambizioso. Le tre armate sovietiche avevano, in complesso, meno di due terzi dei carri armati di Kleist, ed erano a corto di armi controcarro. Se il gioco fosse riuscito, circa 100.000 soldati sovietici si sarebbero trovati schiacciati tra i Panzer e la fanteria dell'11ª armata del generale von Manstein, che aveva rinviato la sua progettata invasione della Crimea per poter prendere parte all'operazione " Azov ".
Gli ufficiali superiori inviati dallo STAVKA non ebbero il tempo di organizzare la loro cintura di fortificazione difensiva, poiché il 30 settembre il l° Panzergruppe irruppe dalla sua testa di ponte di Stalinogorsk e, lasciando gli italiani a rastrellare le zone occupate, puntò direttamente sulla principale direttrice d'arroccamento per i rifornimenti dei sovietici, la linea ferroviaria Charkov / Zaporoz'e.
Nonostante gli sforzi di un treno blindato sovietico, la linea fu raggiunta ed interrotta entro la sera del giorno seguente. Le piogge autunnali erano già cominciate, e poiché in quella zona vi erano poche strade a fondo battuto esse avrebbero ostacolato i movimenti di ambedue le parti. E ora la linea ferroviaria d'arroccamento, la sola via che indipendentemente dalle condizioni atmosferiche consentiva ai russi di trasferire rapidamente da una parte all'altra del fronte truppe, rifornìmenti ed equipaggiamento, era stata tagliata in due.
Il rapido evolversi della situazione, cominciò a far pensare che non vi sarebbero state più forze sovietiche da rifornire nel settore a sud della breccia. L'attacco tedesco aveva frantumato l'ala destra della 12ª armata sovietica, e ormai tra i Panzer e la costa non esisteva praticamente più nulla. Il comandante del fronte meridionale, colonnello generale Cerevicenko, decise quindi, il 5 ottobre, di ruotare il suo schieramento di 45 gradi verso est, facendo perno sulla costa, in modo da opporre ai tedeschi un nuovo fronte. Ciò significava abbandonare una vasta estensione di territorio, compreso il grosso centro di Zaporoz'e, ma offriva la speranza di riuscire ad evitare un nuovo accerchiamento.
Sfortunatamente per il fronte meridionale, la decisione giunse troppo tardi. Mentre la 12ª e la 18ª armata stavano tentando di organizzare le difese lungo la nuova linea, il 1° Panzergruppe attaccò nel punto in cui le due armate si congiungevano, e riuscì a sfondare; il 6 ottobre le sue unità avanzate incontrarono le avanguardie della 9ª armata di Manstein. L'anello si era così chiuso e la 9ª e la 18ª armata sovietiche vennero a trovarsi rinchiuse nella zona di steppe compresa tra Orechov ed il piccolo porto di Berdjansk. I loro vicini della 12ª armata, già molto logorati dalle precedenti battaglie, si allontanarono verso nord est, in modo da non perdere i contatti con il grosso delle forze sovietiche sulla loro destra. La 9ª e la 18ª armata erano isolate non soltanto dall'entroterra, ma anche dalla costa, il che significava che neppure la squadra navale del Mar Nero poteva portar loro alcun aiuto. Se si eccettua l'ostinato appoggio fornito dall'aviazione, esse erano del tutto abbandonate a se stesse.
Come se ciò non bastasse il 6 ottobre la divisione SS Adolf Hítler aveva catturato l'intero stato maggiore della 9ª armata, eccettuato il comandante maggior generale F.M. Charitonov, che era stato portato in salvo da un aereo. Meno fortunato era stato il comandante della 18ª armata, tenente generale Mirnov, che era rimasto ucciso mentre tentava di aprirsi un varco verso nord est.
All'interno della sacca la resistenza sovietica continuava ad essere accanita, ma, a causa della perdita dei comandanti, non sufficientemente coordinata. Alcune unità del fianco destro della 9ª armata riuscirono a conquistarsi una via di scampo, mentre parte della 18ª armata, aprì nelle forze accerchianti un corridoio attraverso il quale giunse in salvo a Stalino. Ma, cessati i combattimenti, i tedeschi scoprirono di aver catturato 212 carri armati, quasi 700 cannoni e 106.000 uomini.
Con eccessivo ottimismo, i tedeschi si convinsero di aver disperso o distrutto quattro armate sovietiche, e cominciarono subito a ritirare dal teatro delle operazioni l'11ª armata (necessaria per l'invasione della Crimea), lasciando al 1° Panzergruppe (ormai ridotto, in sostanza, ad un'armata di carri armati) il compito di contìnuare l'offensiva verso Rostov.
In realtà delle quattro armate sovietiche che ritenevano di aver " disperso o distrutto ", due (la 6ª e la 12ª) erano state gettate da parte, ma non erano affatto annientate. Delle due armate circondate (la 9ª e la 18ª) alcune unità erano fuggite attraverso le maglie della rete tedesca e si stavano riorganizzando. In particolare, la " distrutta " 9ª armata stava rapidamente ricostituendosi, assorbendo rinforzi dì fanteria e di cavalleria e preparandosi a bloccare le vie di accesso a Rostov. Ancora più grave, per i tedeschi, era il fatto che lo STAVKA non si impegnava seriamente a tamponare le falle: esso stava barattando spazio contro tempo e progettando un'eventuale controffensiva.
In questo momento critico, con Mosca, Leningrado e Charkov tutte seriamente minacciate e con l'Armata rossa ancora costretta ad una ritirata generale (anche se accanitamente contrastata), la reazione dello STAVKA al disastro verificatosi sulla costa del Mare d'Azov consistette nell'ordinare la ritirata su di un fronte più breve, con lo specifico obiettivo di disimpegnare per la riserva almeno dieci divisioni di fanteria e due corpi d'armata di cavalleria. Queste unità, divenute disponibili entro la fine di ottobre, furono raggruppate in una nuova armata (la 37ª) e concentrate intorno a Krasnodonetz, a nord est di Rostov. Da qui la nuova armata avrebbe dovuto lanciare una controffensiva contro i fianchi di qualsiasi formazione avesse tentato di accerchiare Rostov
Se così fosse accaduto, la cosa sarebbe stata pienamente comprensibile, dato che in nessun settore la situazione appariva incoraggiante. Sul fronte sud occidentale, le tre armate sovietiche schierate di fronte a Charkov (la 21ª, la 38ª e la 40ª) stavano un po' meglio dei loro vicini che si trovavano più a sud.
A Dergaci, a nord di Charkov, era stato costituito un reggimento mettendo insieme tenenti e funzionari politici che fino a quel momento avevano seguito dei corsi di istruzione. In esso vi era una disponibilìtà di un fucile ogni due o tre uomini, e tutto il suo armamento pesante consisteva in quattro cannoni da campagna e da sei mortai. La ragione di quella carenza di armi era semplice: i depositi, con i loro grandi quantitativi di armi leggere, erano stati situati troppo vicini alle frontiere e non vi era stato tempo di evacuarli o di distribuire le armi che contenevano. Si rese così necessario disarmare le truppe destinate ai trasporti ed ai rifornimenti per assegnare le loro armi alla fanteria.
Il gruppo di armate sud stava ancora avanzando la 17ª armata si apriva la strada in mezzo al fango, continuamente molestata dalle retroguardie sovietiche. Nella maggior parte dei giorni i trasporti mediante veicoli a ruote erano quasi impossibili, ed ambedue le parti usavano cavalli e buoi requìsíti per il traino e il trasporto delle armi e dell'equipaggiamento pesante.
La situazione era efficacemente sfruttata dall'aviazione sovietica, la quale concentrava i suoi attacchi contro i quadrupedi. L'11 ottobre in un solo colpo l'aviazione russa uccise 238 cavalli e 196 uomini. I comandanti del fronte sud occidentale non potevano essere soddisfatti semplicemente per il fatto di avere retto fino a quel momento al ritmo dei tedeschi; le condizioni atmosferiche, per altro, ostacolavano i movimenti russi non meno di quelli tedeschi. Comunque poiché l'obiettivo dei russi era proprio quello di rallentare il ritmo della guerra, le condizioni atmosferiche erano per loro un ostacolo meno grave di quanto non fosse per i tedeschi.
Gli sforzi combinati del fronte sud occidentale e le condizioni atmosferiche, riuscirono a rallentare il ritmo dell'avanzata tedesca dai 20/25 km al giorno realizzati in giugno ai 2/3 km al giorno della metà di ottobre.
Rundstedt era fermamente convinto che le grandi cìttà dovevano essere aggirate e circondate, non attaccate frontalmente. Egli aveva applicato questa massima nel caso di Kiev, riportando un brillante successo; ma questa volta non era possibile effettuare alcuna larga manovra agoírante intorno a Charkov, dato che le sue formazioni corazzate erano lontane a sud.
Sarebbe comunque stato vantaggioso fingere una manovra di accerchiamento, in quanto ciò avrebbe spinto l'Armata rossa ad abbandotiare Charkov. L'ala sìnistra della 17ª armata (XI corpo d'armata) occupò quindi una testa di ponte sul fiume Uda 8 km a sud della città e la 6ª armata spinse avanti alcune unità esplorantì a nord e a sud di Charkov. Lo STAVKA reagì immediatamente, lasciate nella cìttà solo alcune retroguardie, il grosso delle forze si ritirò.
Rundstedt aveva raggiunto il suo scopo: impadronirsi di Charkov. La 6ª armata entrò in città il 24 ottobre, e l'avanzata tedesca continuò: ma si era ormai trasformata in una marcia lenta e faticosa e all'inizio di dicembre finì con l'arrestarsi del tutto.
Più a sud, dove la 1ª armata corazzata premeva sul fronte meridionale sovietico, le condizioni atmosferiche erano più favorevoli ed i Panzer potevano quindì procedere più speditamente. Il loro ritmo meno spettacolare del solito era soprattutto dovuto al fatto che i sovietici avevano evidentemente assimilato le lezionì subite in giugno e luglio, e le loro tattiche difensive erano molto migliorate.
Nei primi giorni della guerra russo tedesca, i comandanti sovietici avevano fatto affidamento su difese lineari lungo le quali le forze dovevano essere distribuite in modo pressoché uniforme. Questo tipo dì schieramento era però molto vulnerabile di fronte ai tentativi di sfondamento che i carri armatì esercitavano in un solo punto e correva il rischio di restare schiacciato tra i carri armati (alle spalle) e la fanteria (di fronte).
La 9ª armata sovietica, incaricata della difesa di Rostov, non fu la sola a cercare di mettere a punto più efficaci sistemi di difesa. In breve, essa consisteva nella custruzione di quattro cinture di difese l'una dietro l'altra, cìascuna con campi di tiro che si incrociavano negli intervalli fra i capisaldi. I serventi dei pezzi da campagna e controcarri e i mitraglieri disponevano di ricoveri sotterranei nei quali potevano restare al sicuro quando non erano impegnatì in azione; inoltre, per frazionare lo sforzo del nemico, tra quelle vere erano disseminate in gran numero postazioní fittizie. Le piazzole erano costruite in modo tale da far sì che i cannoni potessero spostarsí al loro ìnterno e fronteggiare diverse possibili direzioni di attacco, questa flessibilità era poi accresciuta dalla realizzazione di postazioni alternative fra le quali i cannoni potevano essere rapidamente spostati qualora ciò sì fosse reso necessario. Le trincee della fanteria erano molto strette, ìn modo da non crollare sotto il peso dei carri armati e consentire agli occupanti di restare in posizìone fin dopo il passaggio dei carri nemici ed ímpegnare poi la sopraggiungente fanteria.
Per rallentare ancora di più la marcìa dei carri armati, le rive dei corsi d'acqua e le scarpate degli avvallamenti del terreno venivano scalzate alla base nei punti in cui era più probabile che il nemico tentasse l'attraversamento; dove, poi, non esìstevano ostacoli naturali si scavavano trappole per carri armati; accorgimento, questo, applicato specialmente sui fianchi delle unità. Le truppe erano schierate sulle più probabili dìrettríci di accesso in ragione di un battaglione per ogni due chilometri di sviluppo sìa sul fronte che in profondità, mentre negli altri settori la densità delle truppe era pari alla metà. La carenza di mine non consentiva di minare tutte le possibili direzioni d'accesso, ma tutti i nodi stradali erano minati.
L'effetto complessivo era quello di creare quattro sistemi difensivi, ciascuno profondo fino a due chilometri, con buoni campi di tiro frontalmente a cìascuna zona e diversi accorgimenti per rallentare la marcia dei carri armati, sia sulla fronte sia all'interno di ciascuna zona. Tra un sistema difensivo e l'altro si stendevano numerosi chilometri di terreno aperto; il sistema difensivo della 9ª armata, ad esempio, raggiungeva una profondità totale, dalla prima linea alle retrovie, dì quasi 80 km, includendo nelle ultime la città fortificata di Novosachtinsk dove aveva sede il comando.
Quando, il 1° novembre, l'offensiva della 1ª armata corazzata contro Rostov si rovesciò sulla 9ª armata, solo tre delle quattro cinture difensive erano state completate. Nonostante ciò il nuovo sistema, integrato in qualche misura dalle cattive condizioni delle strade, si dimostrò efficace e la battaglia si trasformò ben presto in una serie di violentissimi scontri nel fango e nel ghiaccio di quell'inizio d'ìnverno, e solo il 12 novembre la 1ª armata corazzata poté registrare un'avanzata di circa 7 km nel corso della giornata.
Il 14 i tedeschi raggiunsero la riva meridionale del fiume TuzIov, vicino alla costa, in una zona che non rientrava nel settore di competenza della 9ª armata, ed era difesa da un'armata costituita frettolosamente, la 56ª armata autonoma. Qui Rundstedt si arrestò, per dedicare due giorni ad una agitata rìvalutazione dell'andamento della campagna, dato che il principale attacco contro Rostov, non stava evidentemente svolgendosi secondo i piani. Inoltre le unità, del fianco settentríonale di Rundstedt stavano cominciando a rendersi conto dell'esistenza della 37ª armata e le conseguenze di tale scoperta non erano certo tranquillizzanti.
Il piano tedesco originario venne pertanto abbandonato. Rundstedt ordinò che si lasciasse indietro una formazione di copertura avente il compito di neutralizzare un eventuale contrattacco della 37ª armata sovietica e raggruppò il grosso della 1ª armata corazzata sulla linea del fiume TuzIov, dì fronte alla 56ª armata autonoma. Poiché la manovra più complicata di accerchiamento era fallìta, il gruppo di armate sud avrebbe tentato un attacco frontale.
Il raggruppamento delle forze tedesche fu portato a termine con rapidità, e l'offensiva lungo la costa iniziò il 17 novembre. Essa sfondò le linee russe e dopo due soli giorni di combattimento raggiunse i margini settentrionali di Rostov. Ma proprio nel giorno in cui era partita l'offensiva lungo la costa, le truppe lasciate indietro per proteggere l'asse settentrionale comunicarono una notizia: si trovavano sottoposte ad un attacco sistematico.
La 37ª armata sovietica aveva ricevuto l'ordine di avanzare; e per la prima volta nel corso della seconda guerra mondiale l'esercito tedesco fu chiamato a fronteggiare un attacco nemico preparato e iniziato dopo un adeguato studio strategico. Esso fece sì che le truppe che si infiltravano verso Rostov da ovest si trovassero ad infilare la testa in un cappío sovietico.
Per due giorni le forze tedesche schierate a nord resistettero, e la 1ª armata corazzata continuò a penetrare in Rostov. Ma il 19, proprio mentre era impegnata a rastrellare i sobborghi settentrionali della città, la divisìone SS Viking cominciò a cedere terreno a nord est. Si venne così a sviluppare una situazione abbastanza paradossale: mentre, il 21, Rostov cadeva sotto la pressíone del III Panzercorps le forze dì copertura schíerate a nord continuavano a indietreggíare, cosìcché per la prima volta nella guerra un comandante di fronte sovietico poté seriamente considerare la possibilìtà di accerchiare una grossa formazione tedesca.
Ai gruppi d'assalto della 37ª armata si erano intanto afflancate nella battaglia alcune unità della 9ª armata. Queste stavano già piombando sulla linea del fiume TuzIov, minacciando in tal modo il fianco e le retrovie tedesche. Avendo perso l'iniziativa sui loro fianchi settentrionale e nord orientale, i tedeschi non potevano più tentare uno sfondamento in quei settori. Né, peraltro potevano costringere i sovietici a ritirarsi sfondando a sud di Rostov, poiché tutti i ponti erano stati distrutti, e la 56ª armata autonoma stava in quel momento resistendo saldamente.
Il comandante del fronte meridionale, colonnello generale Cerevicenko, si rendeva perfettamente conto delle possibilità offertegli dalla situazione, e tanto lui quanto lo STAVKA furono tentati di emulare la manovra sviluppata da Kleist all'inizio di ottobre, raggiungendo la costa con una rapida avanzata alle spalle del grosso delle forze nemiche. Ma l'Armata rossa era ancora a corto di forze mobili, e le sue divisioni di fanteria, specialmente quelle della 9ª armata, non erano affatto a ranghi completi. Si decise dunque, di giocare sul sicuro ed apprestarsi a rioccupare Rostov e a lanciare una controffensiva lungo la costa in direzione di Taganrog. Se infatti la forza difensiva dei sovietici aveva costretto i tedeschi ad abbandonare il loro tentativo di accerchiamento, la loro forza offensìva in questa fase era tale da consentire loro soltanto di adottare la stessa manovra che avevano già imposto al gruppo di armate sud.
Ma almeno sarebbe stata l'Armata rossa a dettare il corso degli eventi in questa particolare battaglia. E se l'esito fosse stato positivo, i fianchi delle forze tedesche che occupavano la zona industriale tra Charkov e Rostov si sarebbero trovati esposti ad una penetrazione sovietica da sud.
Lo schieramento delle truppe sovietiche intorno a Rostov fu rapidamente ultimato. In tre gruppi, la 56ª armata autonoma avrebbe attaccato il settore meridionale, mentre la 37ª armata sarebbe entrata in azione da nord ovest ed alcune unità della 9ª armata da nord est.
L'operazione scattò la notte del 27/28 novembre. Una compagnia del 33° reggimento motorizzato di fanteria attraversò la superficie ghiacciata del Don stabilendo una piccola testa di ponte nella Piazza del Teatro; anche due battaglioni della milizia di Rostov effettuarono un attraversamento, occupando il cementificio e le due strade di accesso. Le forze attaccanti potevano portare con sé soltanto armi leggere, in quanto la crosta di ghiaccio non era abbastanza spessa da reggere il peso dei pezzi di artìglieria o dei carri armati; nonostante ciò, le due precarie teste di ponte furono tenute per tutta la notte, e durante la mattinata seguente vi affluirono nuove truppe. Nello stesso tempo venne lanciato un violento attacco lungo l'intero fronte del fiume TuzIov. Pur dovendo impegnare tutte le sue riserve, la 1ª armata corazzata riuscì a tenere aperto un corridoio, e Rostov fu precipitosamente abbandonata prima ancora che la 37ª armata raggiungesse la città.
Poiché ingenti forze sovietiche erano lanciate in un accanito inseguimento, Rundstedt decise di arretrare le sue forze su di una linea più facilmente difendibile, quella del fiume Mius, il che significava abbandonare Taganrog. Supponendo che Hitler si sarebbe opposto all'ídea di quella ritirata, egli non ne mise al corrente il comando supremo se non quando la manovra era già in pieno svolgimento. Poiché Hitler gli ordinò immediatamente di annullare l'ordine di ritirata e di resistere ad ogni costo, Rundstedt presentò sull'istante le proprie dimissioni. Hitler le accettò ed il più eminente dei militari tedeschi abbandonò il fronte orientale per non farvi più ritorno.
Il 1° dicembre l'OKH elaborò una nuova valutazione aggiornata sul potenziale dell'Armata rossa. Il documento esponeva cose di assai cattivo auspicio. Nonostante le brillanti vittorie dell'estate, nonostante che le armate tedesche si trovassero di fronte a Mosca e a Leningrado, nonostante che i campi di concentramento fossero affollati di prigionieri di guerra russi, l'OKH valutava che i tedeschi si trovassero di fronte a 200 divisioni di fanteria, 35 divisioni di cavalleria e 40 brigate corazzate. Da qualche altra parte, nell'Unione Sovietica, si trovavano altre 63 divisioni di fanteria, 6 divisioni di cavalleria e 11 brigate corazzate. Un numero sconosciuto di altre divisioni era in fase di costituzione. In breve, l'Armata rossa aveva in quel momento un potenziale bellico due volte superiore a quello che l'OKH aveva stimato quando, il 23 luglio, Brauchitsch aveva presentato a Hitler il suo rapporto sulla situazione. Inoltre la condotta e i procedimenti tattici stavano visibilmente migliorando, specialmente per quanto si riferiva al coordinamento dell'azione negli attacchi. Durante i nevosi mesi a venire ci si potevano attendere vigorose offensive sovietìche, come pure un intensificarsi delle attività partigiane e di sabotaggio.