L'Incursione dei 1.000 bombardieri
Al principio del 1941, le speranze britanniche di un’azione aggressiva contro la Germania erano riposte quasi interamente in un’offensiva aerea strategica, organizzata dal comando bombardieri della RAF.
Per gli inglesi, tuttora senza alleati, le cui forze terrestri non avevano più contatto col nemico dopo l’evacuazione da Dunkerque e che avevano visto il loro blocco navale quasi completamente sventato dalle vaste conquiste tedesche in Europa, una campagna di bombardamenti appariva come la sola speranza possibile di indebolire la struttura industriale ed economica della Germania nazista in modo tale da poter prendere un giorno in considerazione la possibilità di un nuovo sbarco sul continente.
La realtà di questa situazione era stata pienamente riconosciuta dal Gabinetto di guerra britannico nel 1940, e quando la minaccia d’invasione si allentò dopo la battaglia d’Inghilterra, si incominciò subito a contemplare la possibilità di una massiccia offensiva aerea da effettuarla appena possibile.
In seguito, direttive emanate negli ultimi mesi del 1940 avevano rivelato un duplice scopo: l’obiettivo principale doveva essere un attacco condotto con precisione sulla produzione tedesca di carburanti sintetici. Obiettivo secondario, da perseguirsi soltanto quando le condizioni atmosferiche non si fossero rivelate favorevoli ai bombardamenti di precisione, era un attacco al morale dei tedeschi.
Quest'ultimo scopo doveva essere perseguito con bombardamenti intensivi su Berlino e altre grandi città, dove si dovevano colpire obiettivi abitati al centro di zone industriali, tali incursioni costituivano i primi esperimenti britannici di bombardamento a zona. Fin dall'initio della guerra lo stato maggiore dell'aviazione britannica era fermamente convinto dell’efficacia e dell'economicità di attacchi sferrati contro determinati obiettivi industriali tedeschi, e si riteneva che fra essi i più vulnerabili fossero quelli del settore petrolifero.
Il Gabinetto di guerra, d’altra parte, riteneva che agli attacchi tedeschi sulle città britanniche si dovesse rispondere con pesanti incursioni di rappresaglia, e alcune di queste incursioni erano di fatto state effettuate. Gli inglesi sapevano per esperienza che il morale veniva rafforzato piuttosto che indebolito da bombardamenti effettuati nella misura in cui li avevano fatti i tedeschi, e in ogni modo le incursioni della Luftwaffe avevano mancato agli scopi prefissi; ma il Gabinetto di guerra era stato indotto dai suoi consiglieri economici e politici a credere che la situazione in Germania fosse differente.
Si riteneva che vi fossero maggiori probabilità che l’economia e il morale dei tedeschi potessero venir colpiti da una serie di bombardamenti. Non fu difficile raggiungere un compromesso fra i due punti di vista. Le notti abbastanza limpide per effettuare attacchi su obiettivi selezionati non erano più di una su quattro o cinque, cosicché i bombardieri sarebbero rimasti inattivi per la maggior parte del tempo se ci si fosse dovuti basare esclusivamente su questo tipo di attacchi. Per le notti in cui il tempo non era adatto a bombardamenti di precisione, sembrò cosa sensata e fattibile lo scegliere come obiettivi le grandi zone industriali; vi era anche la probabilità che, se la scelta di questi obiettivi fosse stata fatta con cura, gli attacchi contro tali zone potessero costituire un ausilio e un complemento per il bombardamento di precisione delle industrie vulnerabili. Un fatto che nel dicembre del 1940 si era dato l’avvio a una nuova fase di bombardamenti, con la decisione di attaccare le zone industriali, era noto al popolo britannico attraverso i comunicati ufficiali, le pubblicazioni e le fotografie rese di pubblico dominio nel corso del 1941.
Ampia pubblicità era stata data anche al fatto che queste incursioni avevano in parte lo scopo di causare nervosismo ed apprensione fra gli abitanti dei centri industriali tedeschi, cosi da minarne il morale. Se una simile campagna fosse o meno moralmente giustificata era una questione che in quel momento non ci si poneva neppure. La Germania con la sua aggressione non provocata e i suoi bombardamenti sulle città britanniche, qualunque fosse lo scopo che tali bombardamenti si prefiggevano (e gli inglesi erano indotti a credere, non soltanto dalle affermazioni britanniche ma dalla stessa propaganda tedesca, che lo scopo fosse quello di minare il loro spirito e di portarli cosi alla resa) aveva essa stessa provocato i disastri che potevano ora colpirla.
Rendendosi conto che non avrebbero mai potuto sconfiggere un potente avversario continentale a meno che quell’avversario non fosse stato in precedenza fortemente indebolito, nel corso del 1941 gli inglesi adottarono l’arma del bombardamento aereo; essi avevano direttamente sperimentato nei primi sei mesi di quello stesso anno gli effetti di quell'arma che era precisa e che sembrava avere efficacia soprattutto contro la popolazione civile. Il 22 giugno 1941, in seguito all’attacco tedesco contro la Russia, il primo ministro britannico preannuncio chiaramente un’offensiva di bombardamenti aerei diretta specificamente contro il popolo tedesco. « Bombarderemo la Germania — disse Churchill — di giorno e di notte in misura sempre crescente, lanceremo, un mese dopo l’altro una quantità sempre maggiore di bombe, faremo provare e assaporare al popolo tedesco, ogni mese, in crescendo, i dolori che essi hanno riversato sull'umanità ».
Il popolo britannico era cosi al corrente dei piani per la devastazione della Germania per mezzo dei bombardamenti. Gli inglesi si aspettavano, anzi era stato detto loro, che sarebbero stati ampiamente ripagati con la stessa moneta, e si fecero forza per far fronte alla rappresaglia che era l’alternativa più probabile. In realtà, il comando bombardieri era troppo debole nel 1941 per perseguire l’uno l’altro dei suoi scopi con qualche probabilità di successo. La trasformazione dello sforzo scientifico e industriale dagli scopi difensivi a quelli offensivi, dopo la battaglia d'Inghilterra, procedette con lentezza. Non soltanto il comando bombardieri mancava di aerei moderni di elevate caratteristiche, di armi efficaci e di adeguate apparecchiature tecniche per la navigazione e il bombardamento, ma aveva anche subito, durante primi mesi della guerra, una severa sconfitta e una grave perdita delle cui conseguenze non ci si rendeva ancora pienamente conto.
L’abbandono degli aeroporti francesi, infatti, aveva notevolmente allungato i voli per le incursioni sulla Germania; la sconfitta era costituita dall’impossibilita di operare durante il giorno a causa delle gravissime perdite. Il passaggio ai voli notturni a lungo raggio aveva rivelato, nel corso del 1940, deficienze nell’impiego che non era facile valutare e correggere. Malgrado il tono fiducioso dei comunicati ufficiali e l’ottimistica valutazione da parte del servizio informazioni sui risultati riportati dai bombardamenti sulle industrie petrolifere e sul morale dei tedeschi, il capo del comando bombardieri, generale di squadra aerea sir Richard Peirse, non era il solo a temere che un’altissima percentuale di bombe inglesi fallisse il bersaglio.
Negli attacchi contro obiettivi molto lontani,egli riteneva che soltanto un aereo su cinque riuscisse a individuarli. Nel gennaio del 1941 la documentazione fotografica relativa all'attacco aereo sulla zona di Mannheim del 17 dicembre e di due attacchi di precisione aulle raffinerie di petrolio di Gelaenkirchen non poteva che aggravare i suoi timori. L’attacco su Mannheim, sferrato come rappresaglia alle incursioni tedesche su Coventrye Southampton, non aveva raggiunto una concentrazione sufficiente; quanto alle raffinerie di Gelsenkirchen, le fotografie prese il 24 dicembre, dopo attacchi nei quali erano stati impiegati quasi 300 aerei, rivelarono che esse non avevano subito danni rilevanti.
Non si voleva guardare in faccia la realtà, tuttavia la valutazione dei danni inferti era tuttora intralciata dalla scarsità di apparecchi fotografici per aerei e dalla mancanza di una sistematica ricognizione fotografica, cosi che la verità sull'incapacità del comando bombardieri di colpire gli obiettivi prefissi rimase in parte velata.
Stavano entrando in azione aerei migliorie di maggiori dimensioni, fra cui i Manchester, gli Stirling e gli Halifax; e benché ancora per tutto il 1941 il comando dovesse far a meno dell’ausilio radar che gli era indispensabile, era logico attendersi che i risultati dei bombardamenti sarebbero migliorati,con |’esperienza, nel corso dell’anno.In ogni modo, se non si voleva abbandonare per il momento l’offensiva, bisognava accontentarsi.
Il rifiuto di guardare in faccia la realtà della situazione, le vedute ottimistiche sulla capacita distruttiva del comando bombardieri e sulla vulnerabilità dell’economia tedesca erano in quel momento per la Gran Bretagna una necessità psicologica.
L'attacco di precisione sulle raffinerie rimaneva, al principio del 1941, a base della strategia britannica.
Una successiva direttiva in data 15 gennaio ne accentuava l’importanza, sull’ipotesi che il periodo critico per la Germania si sarebbe avuto nei primi sei mesi di quell’anno. Ma questa nuova direttiva dovette essere accantonata nei mesi che seguirono, in primo luogo a causa del cattivo tempo, e poi per l’attacco in forze da parte di sommergibili delle unita di superficie tedesche contro le navi britanniche da trasporto nell’Atlantico.
Questi motivi costrinsero la Gran Bretagna a porsi sulla difensiva e originarono la direttiva di Churchill per ’Atlantico del 9 marzo 1941.
Da allora fino al luglio del 1941, quando il momento acuto della crisi fu superato, il comando concentrò la sua azione sugli obiettivi navali, cominciando con gli incrociatori da battaglia Scharnhorst e Gneisenau, che cercarono riparo nei bacini di carenaggio di Brest e che così diventarono l’obiettivo principale del comando bombardieri.
Più di 1.100 azioni furono effettuate contro di essi nelle otto settimane che seguirono, ma in tutti questi attacchi soltanto quattro bombe colpirono effettivamente le navi. Tuttavia nel periodo da marzo a luglio i bombardieri, validamente aiutati dal comando costiero, riuscirono a portare a buon fine il loro compito essenziale, quello di neutralizzare le navi e di immobilizzarle a Brest. Dopo che dai rapporti conclusivi si poté stabilire che almeno una delle navi era stata gravemente danneggiata, il comando bombardieri si dedicò all’attacco di precisione di obiettivi situati in Germania legati all’andamento della battaglia dell’Atlantico — come le basi per sommergibili e gli stabilimenti per la produzione di aerei a grande autonomia — e all’attacco a zona di porti e di installazioni navali. Questi attacchi a zona furono fra i più riusciti fra quelli fino allora intrapresi.
Amburgo, Brema e Kiel subirono tutte gravi danni, in gran parte nei docks e nei cantieri navali. In dieci settimane, fino alla fine di maggio, 900 sortite furono effettuate contro Kiel, dove i tre principali cantieri di costruzioni navali subirono riduzioni temporanee di produttività del 25, 60 e100 %.
Tali obiettivi, tuttavia, avevano in comune aspetti che li rendevano paragonabili agli obiettivi ubicati sulle coste che, col bel tempo, i bombardieri erano sempre stati in grado di individuare. Gli attacchi di precisione a zona su obiettivi all’interno non erano invece migliorati.
Cionondimeno, i bombardamenti britannici in questo periodo cessarono di essere semplicemente una seccatura,messa in ridicolo nelle trasmissioni radiofoniche nazionali tedesche, per divenire azioni che dovevano essere sopportate con stoicismo e che un bel giorno sarebbero state ripagate; azioni per le quali l’alto comando tedesco avrebbe un giorno o l’altro dovuto trovare un antidoto.
Benché l’interesse esclusivo per gli obiettivi navali tendesse a far dimenticare la lezione sui bombardamenti di precisione notturni, che sembrava gli inglesi fossero sul punto di imparare sul finire del 1940, l’entusiasmo per il programma dei bombardamenti sulle installazioni petrolifere si era raffreddato completamente nel luglio del 1941,quando il comando bombardieri fu finalmente libero di ricominciare |’offensiva strategica.
L'Incapacità del comando di colpire obiettivi di precisione lo esponeva, infatti,al pericolo di operare senza un chiaro scopo strategico. La difficoltà stava nel trovare altri obiettivi che offrissero autentiche probabilità di danneggiare l’attrezzatura bellica tedesca. Le necessita del comando costiero, l’invio di aerei ed equipaggi nei teatri di guerra d’oltremare e la formazione di vere e proprie unita di addestramento alle operazioni, sottraevano continuamente personale al comando bombardieri che non aveva forze sufficienti per sferrare un serio colpo al morale dell'avversario; il che, per un paese della vastità della Germania, era un compito di tale mole che i britannici dovettero cercare altri tipi di obiettivi, che i bombardieri potessero effettivamente distruggere o danneggiare. Questa volta la scelta cadde sui trasporti,e in particolare su nove obiettivi facenti parte del sistema ferroviario nella zona della Ruhr, elencati nella nuova direttiva sui bombardamenti del 9 luglio.
Si riteneva che |’impegno militare della Germania in Russia richiedesse al suo sistema di trasporti uno sforzo senza precedenti, e che se si fosse riuscita sconvolgere le vie di comunicazione nel delicato settore della Ruhr, si sarebbe potuto contribuire notevolmente a danneggiare |’economia tedesca. Questo avrebbe anche avuto un effetto sul morale del paese, specialmente in quanto gli obiettivi venivano scelti non soltanto per la loro importanza nel sistema dei trasporti, ma anche in ragione della loro vicinanza alle zone industriali. Anche questa volta si era arrivati a un compromesso fra bombardamento di precisione e bombardamento a zona. Il piano di bombardamento dei trasporti sembrava, ed era, un piano improvvisato, che rientrava nella guerra di logoramento, con un complesso di obiettivi scelti in base alle effettive possibilità operative del comando bombardieri, e non tali che la loro distruzione potesse di per sé portare alla vittoria.
o passo significativo verso il riconoscimento dell’assioma già propugnato da. sir Charles Portal, capo di stato maggiore dell'aviazione britannica i] quale sosteneva che,per opportuno che fosse uno scopo dal punto di vista economico, non valeva la pena di perseguirlo se non era tatticamente raggiungibile.
Il comando bombardieri rimaneva perla Gran Bretagna la sola forza d’attacco offensiva contro la Germania: perciò se esso non era in grado di colpire gli obiettivi scelti, bisognava trovarne altri. Nel frattempo il fatto che la Germania si fosse dimostrata in grado, nel giugno 1941,di intraprendere un’offensiva terrestre contro la Russia, aveva dato la prova che in realtà la valutazione britannica sulla vulnerabilità economica del nemico era stata assolutamente erronea. E malgrado quanto si sosteneva, sulla base di valutazioni provenienti da fonti informative indipendenti, i bombardamenti della RAF sulla Germania non potevano aver avuto fino ad allora che un effetto strategico minimo o nullo.
Questi due errori di valutazione — sulla vulnerabilità della Germania e sui risultati ottenuti dai bombardamenti della RAF — pur non essendo di per sé irreparabili, erano destinati ad avere un’influenza considerevole sul futuro svolgimento dell’offensiva aerea. I calcoli del ministero della guerra economica, sempre viziati da congetture, si erano dimostrati fallaci, e la fiducia in essi era stata inevitabilmente scossa. Per i capi di stato maggiore britannici, anche l’attacco ai trasporti ferroviari era da considerarsi semplicemente come un piano di transizione, da mettersi in atto inattesa che il comando bombardieri fosse abbastanza forte da passare a un’offensiva totale contro il morale della popolazione civile,tuttora considerato dai politici come il lato più debole della Germania.
Con l’inizio dell’offensiva tedesca contro la Russia, sembra che nuove occasioni si presentassero alla Royal Air Force. La prima pareva essere la possibilità di trarre vantaggi tattici dal fatto che la Luftwaffe era impegnata ad oriente per incrementare incursioni diurne a breve raggio di caccia e bombardieri sulla Francia; la seconda, di più immediata importanza e valore strategico, era l’opinione che tali operazioni potessero costringere i tedeschi a rimandare a occidente una parte dei loro caccia, allentando in tal modo la pressione sui russi. Lo scopo del comando caccia e della 2ª divisione del comando bombardieri divenne quello disimpegnare la Luftwaffe in combattimenti nel cielo francese con l’idea di distruggere quella piccola parte dell’aviazione tedesca che vi era stata lasciata, per aprire la via ai bombardamenti diurni di precisione su obiettivi in Germania e nel contempo per costringere i tedeschi a rafforzare l’occidente a spese dell'oriente.
Le operazioni « Circus » — come venivano chiamate — fallirono per le stesse ragioni per cui erano falliti i piani tedeschi nella battaglia d’Inghilterra: un efficiente e tempestivo sistema di allarme a mezzo radar nelle mani dei difensori, la breve autonomia dei caccia attaccanti e la necessità di proteggere i bombardieri, lenti e muniti soltanto di armi leggere (nel caso presente i Blenheim della 2ª divisione).
Le perdite britanniche furono gravi, i vari tentativi di bombardamento diurno si dimostrarono costosi e confermarono che era saggio mantenere per il comando bombardieri un ruolo esclusivamente notturno. La conseguenza significativa fu che si rafforza la convinzione che il caccia a grande autonomia si trovasse sempre in posizione di svantaggiosi fronte al caccia a piccola autonomia, operante entro il raggio d'azione dei radar a terra e a breve distanza dalla propria base. Soltanto più tardi, e quasi per caso, si dimostro l’infondatezza di questa convinzione.
Nell'estate del 1941 parve che il comando bombardieri, con una nuova divisione operativa, con nuovi bombardieri pesanti in dotazione, con bombe più pesanti e di maggiore efficacia e con un sistema di obiettivi più realistico — e con la Luftwaffe impegnata altrove — potesse ora sferrare con probabilità di successo un’offensiva strategica.
Tuttavia la perdurante imprecisione dei bombardamenti notturni britannici veniva gradualmente confermata, man mano che miglioravano le fotografie notturne e che cresceva il numero di bombardieri muniti di macchine fotografiche.
Lo scetticismo sull'efficienza del comando bombardieri raggiunse il suo culmine quando lord Cherwell,consigliere scientifico del primo ministro britannico, diede l’incarico a un certo Mr Butt,membro della segreteria del Gabinetto di guerra, di esaminare circa 600 fotografie prese dai bombardieri notturni nel giugno e nel luglio 1941.
Il risultato fu il « rapporto Butt » del 1° agosto, e riveò che le cose andavano molto peggio di quanto anche i più scettici avessero immaginato. Solo un quarto circa degli equipaggi che affermavano di aver raggiunto i loro obiettivi li avevano effettivamente raggiunti, e nelle incursioni sulla Ruhr, dove erano per lo più situati gli obiettivi principali del piano di bombardamento dei trasporti, soltanto un bombardiere su dieci sganciava le sue bombe entro un raggio di otto chilometri dall’obiettivo prefisso.
Diveniva cosi chiaro che non si trattava di un problema di precisione nel lancio delle bombe, ma di un problema di navigazione. La maggior parte degli equipaggi non riusciva nemmeno a raggiungere la zona degli obiettivi.
Il significato del passaggio dai bombardamenti diurni a quelli notturni e dei lunghi voli sul mare e sulla terraferma resi necessari dalla perdita dei campi d'aviazione francesi fu finalmente valutato appieno. L'unico compito che il comando bombardieri poteva sperare di condurre a buon fine di notte era il bombardamento a zona delle città — e in quel momento non era in grado di fare nemmeno questo. A lunga scadenza, anche più grave, per il comando bombardieri, si rivelvò la scoperta fatta nel corso del 1941 che non era possibile evitare neppure di notte gli attacchi dei caccia tedeschi.
Le difese tedesche aeree e terrestri, dapprincipio improvvisate e rudimentali, e rappresentate ancora da una forza minima quanto ad aerei e a piloti,erano ora efficienti e ben organizzate.
Per raggiungere obiettivi situati nella Ruhr, i bombardieri britannici dovevano sorvolare almeno 160 km di mare, e successivamente attraversare più di 190 km di territorio occupato prima di entrare nello spazio aereo della Germania. Il generale Joseph Kammhuber seppe ben sfruttare questi vantaggi difensivi quando prese il comando della divisione tedesca di caccia notturni costituita nel luglio 1940.
Cominciando dalle tre zone di combattimento aereo costiere nell’Olanda del nord,centrale e del sud, Kammhuber forma rapidamente una seconda linea di difesa a protezione della Ruhr ed entro il principio del 1941 una linea ininterrotta di zone sorvegliate da radar attraversava tutte le vie d’accesso alla Ruhr.
Nel corso del 1941 questa linea fu estesa e approfondita, cosi che non era più possibile per i bombardieri aggirarle difese tedesche; quando i bombardieri attraversavano in volo le zone contigue sorvegliate da radar, i caccia notturni venivano guidati all’attacco uno dopo L'altro, queste erano difese che bisognava superare due volte per ogni volo — una volta per raggiungere l’obiettivo e una volta sulla via del ritorno.
Inoltre altre difese costituite dall'artiglieria contraerea tedesca, da riflettori e caccia notturni proteggevano le zone degli obiettivi pi importanti.
Tutti questi sistemi di difesa, quantunque inadeguati a fronteggiare la minaccia sempre crescente di un’offensiva di bombardamenti concentrati, cominciarono nell'estate del 1941 ad infliggere ai bombardieri della RAF perdite eccessive che culminarono il 7 novembre nella distruzione di 37 bombardieri, quasi il 10 % della forza totale impegnata quella notte.
Tali perdite, oltre ad essere assolutamente sproporzionate rispetto ai risultati conseguiti, avrebbero distrutto in poche settimane le unità del comando bombardieri e di conseguenza il comandante in capo ricevette il 13 novembre la direttiva di risparmiare le sue forze e di rinforzarle in vista della ripresa dell’offensiva da effettuarsi nella primavera del 1942.
Entro quel periodo si sarebbe avuto a disposizione il nuovo ausilio del radar per la navigazione, il Gee; la trasformazione di molti gruppi da bombardieri medi a bombardieri pesanti sarebbe stata completata, i Lancaster sarebbero entrati in azione e vi sarebbe stata probabilmente un’effettiva possibilità di colpire con efficacia gli obiettivi in Germania senza subire perdite proibitive.
Questa politica intesa a preservare le forze aeree fu interrotta, verso la fine dell’anno, da nuovi ordini di attaccare lo Scharnhorst e lo Gneisenau a Brest.
Altri fattori, nel frattempo, congiuravano a minacciare l’esistenza stessa del comando bombardieri. Per tutto il 1941 erano continuati i salassi a favore di altri comandi e altri teatri di operazioni: quattro gruppi furono prestati al comando costiero (e il loro trasferimento divenne in seguito definitivo) e l’aviazione del Medio Oriente fu rinforzata di aerei ed equipaggi, per lo più a spese del comando bombardieri.
Cosi il potenziamento realizzato durante l’anno era stato quasi completamente annullato. L’estendersi del conflitto fino a proporzioni mondiali imponeva sforzi sempre maggiori alle risorse britanniche, mentre riduceva al tempo stesso il flusso dei materiali di armamento provenienti dall’America.
Le sconfitte subite nei teatri di guerra d’oltremare e il timore di subirne altre provocarono ulteriori richieste di rinforzi per l’aviazione dislocata sui fronti lontani da parte dell’Ammiragliato britannico e del ministero della guerra,che ne avevano un bisogno estremo. Un’offensiva aerea che non potesse essere decisiva in un tempo relativamente breve, appariva inutile e insensata, se si rischiava di perdere la guerra su altri teatri.
L'argomento principale a favore di un’offensiva dei bombardieri britannici era che essa rappresentava il solo mezzo di prendere l’iniziativa contro la Germania; ma, perla situazione creatasi sul finire del 1941, non era affatto certo che questo argomento fosse ancora valido.
L’intera situazione bellica era divenuta molto più complessa. Con enorme apporto dell’appoggio russo, e l’immenso potenziale degli Stati Uniti, era naturale che il governo britannico dovesse rivedere la sua precedente linea d'azione. Il 22 febbraio 1942 la carica di comandante in capo del comando bombardieri fu assunta dal generale di squadra aerea A.T.Harris. Il nuovo comandante, che aveva una esperienza ventennale nel campo dei bombardamenti notturni e che aveva comandato la 4ª divisione da bombardamento in tempo di pace e la 5ª divisione da bombardamento per dodici mesi in tempo di guerra,si rese conto che le probabilità che il comando bombardieri potesse essere mantenuto come efficiente arma strategica contro la Germania dipendevano da una pronta dimostrazione della sua reale efficacia.Altrimenti era condannato ad essere adibito ad altri compiti su altri teatri operativi.
Ma la forza numerica del comando, quando questo passò al generale Harris, era in realtà inferiore a quella di due anni prima,benché la sua potenza offensiva fosse cresciuta aumentando l'entità del carico di bombe. I Manchester, tuttavia, si erano dimostrati un fallimento; i Lancaster, che ne erano derivati, cominciavano appena allora ad essere impiegati, e gli Stirling avevano dato risultati deludenti.
Il grosso delle forze del comando era tuttora costituito da Wellington, e vi erano soltanto tre gruppi di Halifax. Quindi, nei primi mesi del 1942,sembrava impossibile raggiungere un successo che potesse rialzare le sorti del comando nella strategia bellica britannica e risollevarne il morale.
Tuttavia due fattori facilitarono Harris nel perseguimento dei suoi scopi:
il primo era una nuova direttiva sui bombardamenti che, anticipando la sua nomina di otto giorni, lo autorizzava ad intraprendere |’offensiva con lo scopo precipuo di minare il morale della popolazione civile e specialmente quello dei lavoratori dell’industria.
Il secondo era il ritiro da Brest degli incrociatori da battaglia tedeschi, avvenuto il 12 febbraio, che aveva sollevato il comando da un compito che aveva impegnato la maggior parte dei suoi sforzi nei dodici mesi precedenti.
Un terzo fattore, che a lunga scadenza sarebbe stato di importanza anche maggiore,era l’introduzione, avvenuta sei mesi prima che Harris assumesse l’incarico, dell'analisi scientifica dei problemi concernenti il bombardamento notturno.
Nell’agosto del 1941, a seguito del « rapporto Butt », sir Richard Peirse aveva chiesto che fosse costituita a High Wycombe una sezione di ricerca operativa simile a quelle già esistenti a Stanmore e a Northwood per il comando caccia e per quello costiero. La nuova sezione fu costituita nel settembre 1941 sotto la direzione di uno scienziato di nome B.G. Dickins; il suo scopo finale era di far giungere il maggior numero di bombardieri al disopra degli obiettivi col minor numero possibile di perdite.
Le lezioni tratte dalle campagne precedenti, comprese quelle dell'offensiva aerea tedesca sulla Gran Bretagna, venivano cosi assimilate nella nuova tattica di impiego. Questa tattica doveva consistere prima di tutto nel concentrare le forze attaccanti sopra un singolo obiettivo, nel più breve tempo possibile, impegnando completamente le difese nemiche, sia attive sia passive e, in secondo luogo, nel disseminare incendi.
Il danno che una data quantità di alto esplosivo poteva causare aveva dei limiti, ma gli attacchi tedeschi avevano dimostrato che la disseminazione di incendi sfruttava il materiale combustibile esistente negli stessi obiettivi per estendere |’area di distruzione. Il nuovo ausilio dato dal radar Gee, del quale, quando Harris assunse il comando, erano muniti dai 100 ai 150 bombardieri, cioè circa un terzo delle sue forze, era essenziale per la realizzazione di entrambi gli scopi.
Questi bombardieri dovevano essere utilizzati come forza incendiaria, per identificare e segnalare gli obiettivi; ma una concentrazione completa non si sarebbe potuta raggiungere fintanto che tutti gli aerei non fossero dotati di Gee. La campagna del Gee ebbe inizio l’8 marzo con la prima di una serie di incursioni su Essen e si adottò una tecnica particolare comportante l’impiego di aerei guida che lanciavano razzi illuminanti, seguiti da altri aerei che indicavano gli obiettivi con il lancio di bombe incendiarie.
L’intenzione era quella di provocare una serie di incendi nel centro dell’obiettivo, per consentire ai bombardieri sprovvisti di Gee di identificarlo e di sganciarvi le loro bombe esplosive.
I limiti di questa tecnica si resero evidenti nelle settimane che seguirono, durante otto attacchi in forze su Essen, comportanti ciascuno l'impiego da 100 a 200 bombardieri: soltanto una bomba su venti cadde entro un raggio di 8 km dalla città. Essen, potentemente difesa e quasi sempre in parte occultata dalla caligine prodotta dagli impianti industriali, era l'obiettivo più difficile da individuarsi, ma dappertutto in questo periodo i danni arrecati erano scarsi e diluiti.
Era chiaro che gli attacchi non venivano effettuati su una scala abbastanza grande da impegnare completamente le difese nemiche. Il Gee non poteva da solo risolvere il problema dell'identificazione degli obiettivi e il numero dei bombardieri era ancora troppo ridotto. La prospettiva migliore per successi a breve scadenza sembrava consistere in incursioni a luce lunare con bombe incendiarie contro obiettivi di media grandezza — importanti ma non vitali — sui quali si poteva ottenere sufficiente concentrazione e dove le difese non erano abbastanza forti per saturare lo spazio aereo sovrastante.
L’obiettivo scelto per l’esperimento iniziale fu Lubecca, città il cui centro sorgeva su di un'isola. situata in mezzo a un fiume, facilmente individuabile alla luce lunare.
Poiché si trattava di un’antica città e i suoi edifici sorgevano vicinissimi l’uno all’altro, era anche facile preda per il fuoco. L'incursione fu effettuata nella notte del 28 marzo 1942 da 234 bombardieri con un carico di 300 tonnellate di alto esplosivo (comprese 17 bombe da 1.800 chili) e migliaia di bombe incendiarie.
L’incursione rappresentò per gli inglesi uno strepitoso successo e dimostrò che,con la luna piena e in condizioni di buona visibilità, un’incursione aerea da parte di una forza di portata media poteva colpire con successo un obiettivo scelto con cura,senza gravi perdite. Nel pubblicare il resoconto dell’incursione su Lubecca il ministro dell'aviazione fu più esplicito di quanto non fosse abitualmente in quel periodo.
Lo schema normale dei suoi bollettini consisteva nell’annuncio che un certo obiettivo era stato attaccato, in una descrizione dell’obiettivo in termini di grandezza e di importanza, metteva in evidenza i principali aspetti industriali, e succesivamente un elenco degli obiettivi specifici di natura industriale e militare che gli equipaggi dei bombardieri affermavano di aver colpito. Seguiva poi una descrizione generica dell’incursione.
Il fatto che la città stessa avesse subito danni e distruzioni nel corso dell’incursione era spesso menzionato, ma non veniva rivelato che, a causa dell'incapacità da parte dei bombardieri di centrare gli obiettivi specifici, questi danni erano divenuti lo scopo principale dell'incursione.
L'incursione su Lubecca, tuttavia, organizzata allo scopo di mettere alla prova la teoria sull’offensiva con bombe incendiarie, colpì inevitabilmente soprattutto la popolazione civile, e il bollettino del ministro dell'aviazione, mentre si faceva premura di mettere in risalto l’importanza militare di Lubecca come centro navale, come base di sommergibili e come nodo di comunicazioni, non nascondeva i danni molto estesi subiti dalla città stessa.
Un mese più tardi, in una serie di quattro incursioni effettuate con luce lunare su Rostock, l’esperimento fu ripetuto, e questa volta il bombardamento a zona fu accompagnato da attacchi di precisione sullo stabilimento Heinkel alla periferia della città. Era questo un metodo che doveva diventare usuale, nel tentativo di sfruttare contemporaneamente i vantaggi derivanti dai due diversi tipi di bombardamento.
Ma per quanto queste incursioni incoraggiassero i britannici e frustrassero i tedeschi, nessuno dei due obiettivi costituiva un centro industriale vitale e ben difeso della macchina bellica tedesca.
Altre due incursioni su Essen, effettuate più o meno sulla stessa scala dell'incursione su Lubecca, non riuscirono a raggiungere una concentrazione paragonabile a quella della prima incursione; e anche quelle su Amburgo e Dortmund furono egualmente deludenti.
Il comando bombardieri doveva ancora dimostrare la sua capacita di infliggere gravi danni a obiettivi importanti e ben difesi in territorio tedesco, e si era visto chiaramente che, contro obiettivi di questo tipo,una forza di 250 bombardieri non era sufficiente per stroncare la resistenza o per produrre devastazioni di grande portata. Cosi il comando bombardieri non aveva ancora al suo attivo né un grande successo né, cosi pareva, i mezzi per ottenerne uno in futuro. Tuttavia la necessita di conseguirlo stava diventando, per il comando bombardieri,più urgente che mai.
I disastri in Estremo Oriente e gli scacchi subiti nel Medio Oriente facevano apparire assurdo il continuare ad accumulare aerei nel Regno Unito. A oriente i tedeschi stavano per sviluppare l'offensiva di primavera che aveva lo scopo di occupare il Caucaso e di impadronirsi cosi delle principali fonti sovietiche di rifornimento di petrolio, aprendo nel contempo la strada a un collegamento con l’Afrika korps di Rommel in avanzata e quindi al dominio dell'intero Medio Oriente.
I rifornimenti per le armate di Rommel affluivano incessantemente attraverso il Mediterraneo, e la sola speranza di fermarli sembrava risiedere in un massiccio intervento aereo. Soprattutto l’intera situazione strategica faceva perno sull’abbondanza dimezzi di trasporto marittimi; nei primi due mesi del 1942, 117 navi alleate per un totale di 750.000 tonnellate erano state affondate nell’Atlantico. La necessita di impiegare ogni aereo per evitare la disfatta appariva evidente, e la pressione maggiore veniva esercitata sul comando bombardieri. Oltretutto da ogni altro teatro si richiedevano altri bombardieri.
Fu in tale atmosfera che il generale Harris e il suo capo di stato maggiore, generale di divisione aerea Saundby, rendendosi conto che una volta che i bombardieri fossero stati assegnati ad altri teatri di guerra non sarebbero mai stati restituiti né probabilmente rimpiazzati, concepirono l’idea di una incursione massiccia su una delle principali città della Germania, un’impresa nella quale avrebbero gettato tutte le loro forze tutte le loro riserve, azzardando il tutto per il tutto.
Lo scopo di questa azione doveva essere quello di infliggere un colpo politico e militare che avrebbe avuto l’effetto di conservare l’offensiva aerea strategica contro la Germania, senza la quale essi ritenevano che non si potesse vincere la guerra. Quest’incursione doveva divenire poi nota col nome di « Piano dei mille ».
Il primo a concepire l’idea di riversare nel cielo della Germania mille bombardieri in una sola notte fu Harris: ne parlò a Saundby al principio di maggio del 1942, non immaginando che la cosa fosse in realtà possibile. Nei giorni seguenti Saundby controllò le cifre con molte basi e unità e poté infine riferire a Harris che, se fosse stato assicurato un appoggio appropriato, la cosa era possibile.
Nel maggio 1942 nel comando bombardieri c’erano 37 gruppi di bombardieri medi e pesanti, cosi suddivisi:
Data la percentuale media di aerei inefficienti, ne risultava una forza di linea di circa 400 aerei. Altri quattro gruppi dotati di Whitley erano stati temporaneamente trasferiti al comando costiero e se questi fossero stati restituiti per l’incursione, il totale sarebbe ammontato a quasi 450 aerei.
Se si fossero sospese tutte le operazioni per 48 ore per dare agli specialisti il tempo di riparare gli aerei inefficienti, si sarebbe potuta ottenere un’efficienza praticamente corrispondente alla totalità degli aerei incarico.
Questo avrebbe portato il totale a circa 500 aerei riuniti in 41 gruppi.
Tutti i gruppi dei nuovi bombardieri pesanti erano dotati di squadrigliecomplementari e se si includevano nel conto anche gli aerei di questesquadriglie, la cifra si sarebbe avvicinata ai 550.
Se poi si fosse potuto disporre anche di tutti gli aerei del comando costiero — gli Hampden, i Beaufort e gli Hudson — e se si fosse potuto attingere ai reparti di addestramento operativo del comando bombardieri e del comando costiero, facendo uso di equipaggi formati da istruttori, il « Piano dei mille » avrebbe potuto divenire realtà.
Ma era cosa fattibile la concentrazione di un tal numero di aerei sopra un solo obiettivo?
Evidentemente non dovevano mancare alcune condizioni essenziali:
ci voleva tempo per riunire la forza, il che avrebbe comportato un’interruzione di parecchi giorni nelle operazioni;
l’obiettivo doveva essere facilmente individuabile; il bel tempo era un requisito essenziale, e cosi la luna piena.
Il dispositivo Gee avrebbe certamente semplificato i problemi della concentrazione, ma nessuno degli aerei da addestramento e scuola ne era munito, quindi sarebbe stato necessario adottare una tecnica simile a quella impiegata a Lubecca e a Rostock, mandando avanti gli aerei muniti di Gee che avrebbero localizzata la zona su cui doveva convergere l’attacco.
Se fosse materialmente possibile concentrare mille aerei sullo stesso obiettivo nel breve intervallo di un'ora — questo era il periodo di tempo previsto dal progetto — era proprio il tipo di problema che gli scienziati e gli esperti di statistica della sezione di ricerche operative erano chiamati a risolvere.
La convergenza degli attacchi e la saturazione delle difese, che erano gli scopi della concentrazione, sarebbero state vane se avessero avuto come risultato un aumento delle perdite per collisioni in volo; ma dai loro studi sulle incursioni aeree precedenti,gli scienziati furono in grado di ricavare un quadro preciso della densità di aerei sopra un dato obiettivo in ogni minuto, e poterono cosi prevedere la probabile distribuzione nel tempo e nello spazio della forza che si progettava di impiegare e calcolare rischi di collisione.
Il loro calcolo definitivo,basato su tre condizioni principali:
che la durata dell’incursione venisse estesa a 90 minuti, che si scegliessero tre diversi punti di riferimento, che le quote di volo fossero diverse(le collisioni non sarebbero state più di una all'ora).
Le quote di volo diverse fecero sorgere il timore che gli aerei potessero finire col bombardarsi a vicenda, ma anche questo rischio fu esaminato, e si constatò che poteva essere considerato trascurabile.
Convinto che l’incursione fosse possibile, Harris andò a parlare con Portal, che gli chiese un piano dettagliato, ammonendo al tempo stesso Harris che l’incursione avrebbe potuto provocare rappresaglie e che bisognava convincere i capi di stato maggiore della sua utilità.
Per prevenire l’opposizione politica Harris si recò poi da Churchill.
Colonia: la città cavia
Lo stesso giorno Harris scrisse al comando costiero, al comando caccia e ai comandi per la cooperazione con |’esercito, ai cinque gruppi da bombardamento e ai due gruppi addestramento, fornendo i dettagli del piano e chiedendo per esso il maggior contributo possibile.
Harris sperava di ottenere dal comando costiero un totale di 250 aerei. Al comando caccia e al comando del 2° gruppo da bombardamento chiese di effettuare attacchi di disturbo sulle basi tedesche della caccia notturna, puntate di caccia sul Mare del Nord in appoggio ai bombardieri, e speciali pattuglie di aero soccorso.
Nella sua lettera esponeva chiaramente la sua intenzione di distruggere con bombe incendiarie uno dei principali centri industriali della Germania. Non si parlava eufemisticamente di fabbriche e di obiettivi militari. La città di Colonia (o di Amburgo) doveva essere rasa al suolo in una sola notte. L'ordine di operazione fu diramato il 26 maggio. L’incursione doveva avere luogo la notte tra il 27 e il 28 maggio, o in una delle notti seguenti fino a quella tra il 31 maggio e il 1° giugno, quando il periodo della luna piena sarebbe finito.C’era quindi un margine di tempo di cinque giorni, in caso di cattivo tempo.
Sir Philip Joubert, comandante in capo del comando costiero, aveva nel frattempo promesso i 250 aerei, ma la sua decisione era stata annullata dall’Ammiragliato, che si rese conto delle conseguenze politiche dell’incursione e proibì assolutamente al comando costiero, le cui operazioni rientravano sotto il suo controllo, di prendervi parte.
Questo, dopo la favorevole operazione iniziale del primo Lord dell’Ammiragliato, fu un duro colpo per Harris, poiché riduceva a 800 i più di mille aerei sui quali aveva contato. Il rifiuto del comando costiero non giungeva interamente imprevisto né per Harris né per Saundby, che si misero all’opera per riempire il vuoto che esso aveva lasciato.
Racimolando ancora altri aerei e venendo a una decisione che erano stati riluttanti a prendere, quella cioè di impiegare equipaggi di allievi in addestramento oltre a quelli composti dagli istruttori, essi portarono la cifra degli aerei disponibili a 940. Cosi, ai già notevoli rischi, si aggiungevano |’inserimento di ogni aereo reperibile e l’impiego di equipaggi in addestramento.
Le condizioni atmosferiche.
I fenomeni temporaleschi perduravano e Amburgo era tuttora sotto una coltre di nubi, ma c’era una probabilità — del 50 per cento, secondo Spence — che le nubi nella zona di Colonia si dissolvessero entro la mezzanotte. Agli occhi di Harris questa si presentava come l’ultima occasione per il comando bombardieri. Se avesse aspettato un altro mese, le decisioni politiche e strategiche che minacciavano di frantumarne le forze aeree da bombardamento sarebbero state probabilmente messe in atto.
Era conscio dell'influenza decisiva delle condizioni atmosferiche su tutte le avventure militari e navali, né gli sfuggivano le gravi conseguenze che accompagnano il fallimento delle imprese impegnative; ciononostante prese la decisione di inviare la sua forza su Colonia quella notte stessa.
Calcoli basati sull’esperienza britannica in seguito agli attacchi tedeschi,dimostravano che se la forza avesse potuto raggiungere il suo obiettivo e colpirlo con precisione, l’urto dell’attacco sarebbe stato sufficiente per distruggerlo come centro industriale e per diffondere apprensione, disperazione e panico in tutta la Germania. Il suo risultato positivo poteva portare la guerra a una conclusione più o meno precoce, per la riluttanza del nemico ad accettare le sofferenze che dovevano colpirlo in misura sempre maggiore. Nell’ipotesi peggiore, l'incursione non poteva mancare di avere il più efficace effetto morale e materiale sullo sforzo bellico del nemico, costringendolo a ritirare forze dalle sue operazioni d'aggressione all’estero per adibirle alla protezione del proprio territorio.
Per le 5 del pomeriggio Spence aveva previsto che le condizioni atmosferiche sopra le basi di decollo sarebbero state buone, a parte qualche temporale locale, Vi sarebbero stati con probabilità forti addensamenti di nubi fino a 4.500 metri lungo la rotta per Colonia, accompagnati da fenomeni temporaleschi, e l’indice di congelamento sarebbe stato alto, ma le condizioni avrebbero avuto una certa tendenza al miglioramento durante il volo di ritorno.
Su Colonia stessa le nubi avrebbero cominciato a dissolversi entralo mezzanotte, e si sperava che vi sarebbero state ampie schiarite nella zona degli obiettivi. La visibilità sarebbe peggiorata sull'Inghilterra orientale nel corso della notte, ma ciò avrebbe interessato soltanto un quarto delle basi circa. Un piccolo errore di calcolo, sia sull'ora sia sulla rapidità del dissolvimento delle nubi sopra Colonia o nelle determinazione del momento del peggioramento delle condizioni atmosferiche sulle basi di decollo,poteva far fallire l’incursione. Alle ore 18, in 53 diverse basi sparse nell'Inghilterra orientale e nelle Midlands si cominciarono a impartire gli ordini agli equipaggi.
La rotta dei bombardieri fu fissata dalle rispettive basi sino alla costa olandese attraverso l’East Anglia.
Gli aerei delle basi situate nell’East Anglia si trovavano a meno di 500 chilometri dall’obiettivo. Altri, di base nello Yorkshire e nelle Midlands distavano più di 640 chilometri. La costa olandese sarebbe stata attraversata a sud di Rotterdam, e la rotta per attraversare l'Olanda e penetrare in Germania passava su buoni punti di riferimento a Hindhoven e a Miinchen Gladbach.
Fu raccomandato agli equipaggi di individuare il Reno a nord dell’obiettivo e di seguirlo fino a Colonia. Dopo il bombardamento dovevano far rotta a sud sudovest per 20 minuti fino a Euskirchen, e poi rientrare seguendo una rotta parallela a quella dell'andata. I gruppi di testa della 1à e 3à divisione dotati di Stirling e di Wellington muniti di Gee dovevano comprendere gli aerei che trasportavano bombe incendiarie.
Questi erano i « battistrada », dovevano prender di mira il Neumarkt, nel centro della città vecchia, e dalla precisione del loro tiro sarebbe dipeso il successo dell’incursione.
Iniziando l’attacco alle ore 00.55 avrebbero avuto a disposizione 15 minuti per colpire l’obiettivo. Gli aerei sopraggiunti successivamente dovevano mirare o un chilometro e mezzo a nord o un chilometro e mezzo a sud del Neumarkt, allargando la zona di distruzione.
Per un’ora dopo la fase iniziale di demarcazione dell’obiettivo,questo sarebbe stato bombardato dal grosso delle forze aeree. Quella sera alle 22.30 i primi a decollare furono gli aerei di guida provvisti di bombe incendiarie, gli Stirling del 15° gruppo, di base a Wyton, nello Huntingdonshire. Ma durante il percorso attraverso il Mare del Nord essi furono superati dai Blenheim,dai Boston, dagli Havoc e dagli Hurricane a grande autonomia, delle formazioni incaricate della neutralizzazione che si dirigevano sulle basi dei caccia notturni tedeschi, dislocate lungo la rotta dei bombardieri. Circa 88 aerei, compresi 50 Blenheim, presero parte a queste operazioni, bombardando gli aeroporti e attaccando i pochi caccia tedeschi che vedevano.
Ma queste incursioni, ostacolate dai bassi strati di nubi, non riuscirono a inchiodare a terra o disturbare seriamente i caccia tedeschi. Le formazioni incaricate di neutralizzare la caccia tedesca erano afflitte dalle stesse manchevolezze che avevano fino ad allora intralciato il grosso delle forze da bombardamento britanniche: non vi erano apparecchiature ausiliarie per la navigazione o per il bombardamento, gli obiettivi disseminati qua e la erano difficili da individuare e ancor più difficile da metter fuori combattimento, le armi e gli equipaggiamenti erano inadeguati, come inadeguato era il numero degli aerei. Sarebbe ancora toccato ai bombardieri di aprirsi la via per Colonia,combattendo.
Sopra il Mare del Nord e sopra |’Olanda centrale gli equipaggi dei bombardieri provvisti di bombe incendiarie si trovarono a volare su uno strato di nubi temporalesche. Fu soltanto quando si avvicinarono al confine tedesco, a circa 100 km da Colonia, che l’estesa coltre di nubi scomparve improvvisamente, scoprendo il terreno sottostante illuminato con estrema chiarezza dalla luna nascente.
I primi equipaggi che irruppero attraverso la linea Kammhuber si avvicinarono alla città da ovest a 4.500 metri di quota; in questa prima fase non esistevano rischi di collisioni e, contrariamente alle istruzioni ricevute, essi scelsero il loro punto di riferimento a sud della città città e poi volsero a nord, col Reno alla loro destra.
Davanti a loro si trovavano i due ponti principali, prima lo Hindenbergbriicke, poi lo Hohenzollernbriicke. A un chilometro e mezzo in direzione ovest dal primo ponte si trovava il loro obiettivo, nel centro della città vecchia. Sotto di loro l’intensa luce della luna poneva in risalto la città, come se fosse disegnata in rilievo. Si poteva seguire il tracciato delle singole strade in tutta la loro lunghezza, con gli edifici simili alle cellette di un favo, mentre i binari ferroviari tracciavano il loro solco tutt’intorno alla città e, in un punto, si addentravano profondamente nella cittéà vecchia, prima di passare davanti alla cattedrale per dirigersi poi ad est attraverso lo Hohenzollernbriicke. La difesa era per il momento ancora incerta, e i primi equipaggi sganciarono le loro bombe quasi indisturbati. I loro spezzoni incendiari da 2 e da 13 chili piombarono dritti sull'obiettivo. A terra, a Colonia, le sirene avevano suonato l’allarme mezz’ora prima. La popolazione era abituata ai bombardamenti aerei, questa era per loro la centocinquesima incursione dall’inizio della guerra.
In un primo tempo nelle strade si formarono piccoli gruppi di persone: stavano a vedere se si trattava di un falso allarme. Poi si incominciò a udire a distanza il rombo dei motori degli aerei, che aumentava di intensità ogni minuto.
Mentre i primi Stirling facevano rotta verso i loro bersagli, fuochi destinati a sviare i bombardieri vennero accesi al di fuori della cita; ma l’obiettivo era cosi chiaramente illuminato dalla luna, col Reno che serpeggiava nel mezzo della città, che gli equipaggi degli aerei non potevano essere tratti in inganno. Alla fine dei primi 15 minuti il centro della cita vecchia era in fiamme e una colonna di fuoco si levava verso il cielo.
Il grosso dei bombardieri, insieme con gli equipaggi composti dagli istruttori e dagli allievi, convergeva ora sull’obiettivo. Alcuni, non potendo prender maggiormente quota, sganciarono le loro bombe da un’altezza inferiore a 3.000 metri; altri passarono sopra l’obiettivo a più di 5.000 metri. I singoli equipaggi, anche quelli che volavano alla medesima quota e che si trovavano al disopra dell’obiettivo più o meno nello stesso momento, dovettero affrontare situazioni differenti: alcuni furono attivamente inseguiti dai fasci di luce dei proiettori e dall’artiglieria contraerea, altri credettero che le difese fossero già state sopraffatte.
In realtà le difese a terra si trovavano in stato di confusione e di eccessiva tensione, e per la maggior parte facevano fuoco a casaccio, un fuoco di sbarramento tanto per fare. I riflettori trovavano difficoltà a concentrarsi sui singoli aerei, ma quando ci riuscivano, l’artiglieria contraerea collaborava efficacemente. Nella zona dell’obiettivo si incontra poca opposizione da parte degli aerei da caccia, ma sopra |’Olanda e il Belgio e al confine tedesco i caccia erano attivi e numerosi.
Ogni due o tre minuti un bombardiere prendeva fuoco e precipitava. Molti degli equipaggi, non sapendo staccarsi dalle loro abitudini di indipendenza,effettuavano il puntamento direttamente, in base alla loro direzione di avvicinamento all'obiettivo, convergendo da tutte le direzioni e accrescendo cosi il rischio di collisioni.
Altri, dopo aver sganciato il loro carico di bombe, erano cosi attratti dallo spettacolo offerto dalla città in fiamme, dagli incendi che si estendevano progressivamente da una parte e dall’altra del fiume,dalla cattedrale e dai ponti illuminati dal fuoco, che si mettevano a girare sulla città quasi per convincersi della realtà di ciò che vedevano.
Tuttavia la notte era cosi vividamente illuminata che le collisioni furono rare. Per tutta la durata dell’incursione si registrarono soltanto due casi di collisione sopra l'obiettivo che costarono la perdita di quattro bombardieri.
Migliaia di incendi si erano sviluppati e man mano che sopraggiungevano i bombardieri pesanti l’intera città tremava per le continue esplosioni prodotte dalle sempre maggiori quantità di bombe sganciate dagli aerei in arrivo. Le tubature dell’acqua in tutte le zone erano state squarciate, i fili del telefono e della luce erano stati spezzati, le tubature del gas erano state rotte.
Diciassette importanti centri ferroviari accusavano gravi danni: stazioni ferroviarie, scali merci, locomotive, vagoni e binari erano distrutti.
Malgrado tutto ciò, la prontezza dell’azione individuale,collettiva e quella delle unità della difesa civile riuscirono a impedire lo svilupparsi di molti incendi. Continuava intanto l’odissea di tragedie e di salvataggi drammatici. Centinaia di persone rimasero bloccate nelle cantine: molti erano già morti per soffocamento in questo modo. In una cantina dove erano bloccate 150 persone, una bomba penetro attraverso il soffitto, ma per miracolo non esplose. Le operazioni di salvataggio furono intensificate e gli occupanti del rifugio erano appena stati evacuati quando la bomba scoppio.
Gli equipaggi dell’ultima ondata di bombardieri pesanti individuarono l’obiettivo attraverso i bagliori da una distanza di 160 chilometri. Le difese a terra erano ormai gravemente disorganizzate, ma i caccia erano tuttora attivi.
Sembrava, sul finire dell’incursione, che un solo immenso incendio infuriasse nella parte centrale di Colonia emanando una spirale di fumo alta fino a 5.000 metri, con centinaia di incendi minori verso il perimetro. Degli edifici, quando erano ancora riconoscibili, per lo più non rimanevano che scheletri lambiti dagli incendi. Le strutture delle travi incandescenti erano visibili da alta quota; sullo sfondo di fiamme si stagliavano gli aerei che volavano a quote inferiori.
Alle ore 4:00 di quella mattina, prima ancora che gli ultimi bombardieri fossero rientrati alle loro basi, un Mosquito decollò per fotografare l’obiettivo alle prime luci dell’alba, ma quando giunse su Colonia un’enorme coltre di fumo nascondeva la città cosi che risultò impossibile scattare fotografie.
Quando finalmente, quasi una settimana più tardi, fu possibile ottenere fotografie soddisfacenti, esse rivelarono danni su una scala molto più grande di quanto non si fosse mai visto per una città tedesca.
Circa 250 ettari — di cui 120 nel centro della città — erano stati completamente distrutti; rappresentavano un'area di distruzione quasi pari al totale delle aree fino allora bombardate e distrutte nell'intera Germania. Malgrado gli estesi danni arrecati alle fabbriche e agli edifici industriali, alle ferrovie e ad altri servizi pubblici, danni che paralizzarono la vita della cita per molti giorni, l’onere maggiore dell’attacco si era inevitabilmente riversato sulla popolazione civile e sulle case; 138.000 abitazioni erano state completamente distrutte, 6.000 gravemente danneggiate e più di 45.000 persone erano rimaste senza tetto.
L’esperienza ricavata dai bombardamenti precedenti, i buoni rifugi e l’energica opera svolta dalle squadre della difesa civile avevano contribuito a limitare il numero dei morti e dei feriti; ciononostante esso restava alto, più di quello registrato in qualsiasi altra incursione aerea sulla Germania fino ad allora:469 morti e più di 4.500 feriti. Colonia, tuttavia, non era stata distrutta,e la lezione principale che si ricavava dall’incursione era che la distruzione dell’industria e della vita industriale tedesche non era ancora nelle possibilità del comando bombardieri; per ottenere risultati determinanti sarebbe occorsa una massiccia espansione delle forze da bombardamento, congiunte al perfezionamento dei dispositivi per l’individuazione degli obiettivi e per la precisione del lancio.
La vita industriale di Colonia era stata paralizzata per una settimana e seriamente ostacolata per un periodo da tre a sei mesi, ma col tempo si sarebbe riavuta dalle conseguenze di un’incursione che era ben al di la delle normali impossibilità del comando bombardieri, eseguita su un obiettivo scelto accuratamente in condizioni atmosferiche eccezionali. Cosicché con le armi ed i mezzi di cui la RAF disponeva a quel tempo, le grandi zone industriali tedesche apparivano praticamente indistruttibili.
Dei 1.046 bombardieri che decollarono diretti a Colonia, circa 910 raggiunsero e bombardarono I|’obiettivo, e 39 andarono perduti. La maggior parte di questi ultimi furono abbattuti dai caccia notturni, che riuscirono a mantenere la loro efficienza malgrado la potenza dell’attacco. La percentuale delle perdite, circa il 4 % della forza impiegata, era il massimo che il comando potesse sopportare in quel periodo. Se l’incursione avesse spinto i tedeschi a rafforzare la loro caccia sul territorio nazionale, il che costituiva uno degli scopi perseguiti, ne poteva derivare un aumento insostenibile delle perdite.
L'incursione su Colonia non aveva corrisposto ad alcuni fra i più ambiziosi pronostici di Harris (« una subitanea conclusione della guerra » e « il diffondersi della disperazione in tutta la Germania ») ma era riuscita a dare una dimostrazione convincente di quello che si sarebbe potuto ottenere se le forze a disposizione del comando bombardieri fossero state raddoppiate o triplicate. Gravi danni erano stati inflitti in brevissimo tempo al potenziale industriale della quarta città della Germania, in ordine di grandezza. Tuttavia giudicare l’incursione in base ai soli suoi risultati materiali e morali immediati vorrebbe dire ignorare i suoi scopi precipui, che erano di ordine strategico e politico.
« Questa prova della crescente potenza delle forze da bombardamento britanniche — scriveva Churchill in una comunicazione di servizio a Harris dopo l’incursione — è anche il preannuncio di ciò che dovrà aspettarsi ogni città della Germania d’ora in avanti ».
Questa l’inequivocabile dichiarazione del governo inglese di voler continuare l’offensiva aerea contro le principali città della Germania, nonostante i gravosi impegni sugli altri teatri di guerra, che rendeva giustificabili, per il comando bombardieri, i rischi affrontati. Per la prima volta dall’inizio della guerra, la Gran Bretagna assumeva il ruolo di attacco e la Germania un atteggiamento di difesa. Toccava ora sia all’attaccante sia al difensore valutare gli insegnamenti tratti dall'incursione e modificare i propri piani.